Infinite definizioni possono adattarsi ai ladri che, di questi tempi, tanto fanno, disfano e rubano da essere diventati protagonisti assoluti delle cronache. Li si può chiamare disonesti - e va da sé, visto che sono ladri -, e aggiungere farabutti, mascalzoni, delinquenti, per poi avventurarsi in termini che qui, nel giornale, non è bella cosa stampare. Tutto giusto, tutto vero. Inoltre, li si può pensare dotati di attitudini poco simpatiche. Possiamo immaginarli furbi, spregiudicati, cinici, violenti e in qualche caso (ma che non suoni come una giustificazione) perfino disperati. Una cosa però di certo non sono: intelligenti.
Non possono esserlo perché chi è intelligente non solo non ha bisogno di rubare: sa anche che farlo è sbagliato, perché si tratta della violazione inaccettabile di un confine morale, di un’invasione del diritto altrui di vivere senza essere molestato, di uno schiaffo alla decenza e alla dignità. Chi ruba guadagna, forse, “roba” che non gli appartiene; senz’altro perde il rispetto di se stesso.
Dunque: non intelligenti. Il che equivale a dire stupidi. Ecco dunque che si apre per noi, loro vittime o potenziali vittime, la possibilità di batterli, di tenerli al largo e di ridurne, se non proprio neutralizzarne, la pericolosità.
Sembrerebbe, questa, un’utopia e quasi una provocazione – ridicola per di più – visto che oggi, da cronisti, abbiamo raccolto infinite testimonianze di come la gente comune si senta indifesa davanti alle razzie ladresche. I più lamentano che le forze dell’ordine fanno (o possono fare) relativamente poco per arginare il fenomeno e sottolineano come questo abbia reso i ladri sempre più sfacciati. Il sistema giudiziario, commentano i cittadini sentenze alla mano, non aiuta: quei (pochi?) ladri presi sul fatto vengono presto rimessi in libertà e gli altri, fermati magari in possesso di arnesi da scasso, neppure disturbati. Sfacciati e anche – letteralmente – impuniti: stando così le cose perché un ladro – sia pure non intelligente – dovrebbe smettere di rubare?
Ecco allora che alla mente dei cittadini salgono le soluzioni “fai da te”. “Organizziamo le ronde” dice qualcuno. “Prediamo il porto d’armi” suggeriscono altri. Soluzioni immediate, perfino ovvie, ma oggettivamente non prive di rischi per i cittadini stessi. Far fuoco contro l’incursore può creare più problemi alla vittima che al malfattore e non solo per la forma, per così dire, assunta dal Codice penale in questi casi. Basta guardare alle statistiche sulle morti per arma da fuoco nei Paesi in cui il commercio di queste ultime è libero o relativamente libero: c’è da aver paura.
Ma siccome noi siamo intelligenti e loro, i ladri, no, ci deve essere qualcosa che possiamo fare senza necessariamente militarizzare i civili e trasformare gli appartamenti in arsenali. Il sindaco di Cantù Claudio Bizzozero ha detto ieri un paio di cose che varrebbe la pena considerare, almeno come punto di partenza. La prima: diffondiamo nei giornali e in Rete le immagini catturate dai sistemi di sorveglianza. Lo abbiamo fatto noi per primi, in queste pagine e sul nostro sito: la risposta dei lettori è stata notevolissima. Certo, forse molti sono stati attratti dalla curiosità, dalla morbosità di immagini inedite, ma l’effetto di diffusione, per i ladri, non può certo essere rassicurante. Sappiano almeno che se loro ci guardano, ci spiano, noi facciamo altrettanto con loro. La seconda proposta del sindaco è rivolta ai produttori e installatori di allarmi e sistemi di sicurezza: fateci offerte e proponete convenzioni per impianti a costo ribassato e noi provvederemo a “girarle” ai cittadini. Attraverso il Comune, insomma, si potrebbe arrivare a mettere in contatto domanda e offerta in modo conveniente per entrambe le parti.
Solo due idee, magari embrionali e forse discutibili, comunque nuove, e indirizzate su una strada ancora da esplorare: battere i ladri sul piano dell’intelligenza. Che, ricordiamolo, noi abbiamo e loro no. E non possono rubarcela.
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