La riforma del lavoro per Matteo Renzi è la madre di tutte le battaglie. Presentarsi alla Conferenza Ue di Milano sul lavoro, in calendario per l’8 ottobre, con in tasca il primo sì del Senato è un obiettivo strategico: dimostrare alle cancellerie occidentali che il governo fa sul serio sul fronte più critico, quello del rilancio dell’occupazione, e scrollarsi di dosso le critiche di quanti lo definiscono un «chiacchierone»
Ciò spiega l’asprezza dello scontro in atto con i sindacati e con la minoranza del Pd. Tanto al fuoco amico Bersani, che preannuncia battaglia contro la “frantumazione’’ dei diritti dei lavoratori, quanto all’accusa di Susanna Camusso di comportarsi come Margareth Thatcher, il rottamatore risponde con l’artiglieria pesante: a sindacati e sinistra rimprovera di essere rimasti ostaggio di vecchi pregiudizi ideologici e di non aver fatto niente in questi anni contro il dilagare del precariato.
Tutta la maggioranza dem è schierata a battaglia contro la vecchia guardia, quasi ad evocare uno scontro generazionale: pur lasciando aperti alcuni spiragli di intesa sulle garanzie del reintegro contro i licenziamenti discriminatori, Guerini, Serracchiani, Taddei rilevano come la riforma in discussione sia orientata a creare un mercato del lavoro giusto e con pari opportunità. «Ci interessano i diritti di chi non li ha» dice il premier che ai sindacati e ai bersaniani rimprovera di avere a cuore l’ideologia e non i problemi della gente. Si tratta di vedere a questo punto quale sia la reale forza gravitazionale della sinistra e dei sindacati, guidati da persone come Bersani, D’Alema e Camusso che, dice maliziosamente Alan Friedman, dovrebbero andare in pensione e lasciare spazio al nuovo. Ma certo al Senato si apre un problema di numeri: non è un caso che Forza Italia abbia fatto sapere di essere pronta a fiancheggiare la maggioranza nel superamento dello Statuto dei lavoratori.
Il rischio per Renzi è di finire appiattito sulle posizioni della destra (come sostiene Vendola). Ma è pur vero, come osserva Pietro Ichino, uno dei padri della riforma, che la sicurezza del posto di lavoro non si crea per legge.La maggioranza Pd spiega che la nuova legge prevede un contratto a tutele crescenti, l’assegno universale di disoccupazione, programmi di reinserimento nel mondo del lavoro e la caduta del totem dell’art.18 che all’estero viene percepito come un ostacolo insormontabile del mercato italiano. Non un regalo al Ncd, commenta Angelino Alfano in polemica con l’ex ministro Elsa Fornero, ma un regalo agli italiani che cercano lavoro.
La battaglia si svolge in parallelo con quella delle nomine di Consulta e Csm. Renzi e Berlusconi per ora hanno confermato il tandem Violante-Bruno per la Suprema Corte perché non si può consentire a una pattuglia trasversale di franchi tiratori - avverte Guerini - di influenzare le scelte della maggioranza con la tattica dei trabocchetti a voto segreto. Per i due leader l’importante è impedire la saldatura dei malumori dei frondisti dei rispettivi partiti.
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