Como ha finalmente il piano atteso da sette anni, lo strumento urbanistico che le consente di gestire lo sviluppo della città».
Con queste parole, ieri, il sindaco Lucini e l’assessore Spallino hanno salutato l’approvazione definitiva del Piano di governo del territorio, chiarendo - se ce ne fosse bisogno - uno scarto netto con l’amministrazione Bruni: «Segna un cambiamento culturale e un approccio nuovo rispetto all’indiscriminato sfruttamento delle risorse territoriali del precedente strumento, le cui ricadute negative sull’ambiente e sul paesaggio si possono ancora toccare con mano». La filosofia di fondo è molto chiara e condivisibile: stop alla cementificazione selvaggia, tutela del verde e della fascia collinare, salvaguardia del paesaggio, recupero delle aree dismesse ed edificazioni limitate alle aree già costruite. Sì, perché in questi anni si è costruito molto e a volte male e Como, la bella dormiente che poggia sulla convalle ed estende le sue braccia verso la collina, è un gioiello da tutelare con cura per evitare di ripetere gli scempi di Albate, Camerlata e Garzola.
Tra il dire e il fare, però, come spesso succede, ci sono di mezzo molte cose: il passaggio è oggettivamente importante per Como, ma il Pgt (ennesimo terribile acronimo) è tutto meno che perfetto. Ad ammetterlo sono gli stessi Lucini e Spallino, che hanno ereditato in corsa un’operazione avviata da altri nel 2008 e costata alle casse comunali - cioè ai cittadini - qualcosa come 600mila euro.
Il fatto è che andava approvato entro il 16 giugno, cioè oggi, pena la decadenza.
Ciò avrebbe significato buttare un sacco di soldi, ritornare agli indici edificatori del Piano regolatore del 2001 e ripartire da zero con le Vas (che sta per valutazione ambientale strategica). Quindi, realisticamente, non rispettare i termini della proroga concessa dalla Regione, cioè il 30 giugno 2014. La via era stretta e non c’erano alternative, se non correre a rotta di collo. Rispetto alla bozza iniziale - ereditata dall’amministrazione precedente - ballano 47 aree, che Bruni aveva confermato edificabili (su un totale di 330 preesistenti).
Lucini e Spallino sono convinti che non saranno queste 47 aree a bloccare l’economia comasca e le legittime aspirazioni dei costruttori, posto che ci sono parecchie aree dismesse da recuperare, piani attuativi mai realizzati ed è consentito il recupero e l’edificazione dove già è urbanizzato. In parole povere: costruire non è vietato.
Il presidente dell’Ance, Guffanti, si aspetta che «a settembre vengano accolte le nostre istanze, a partire dal meccanismo della perequazione, fondamentale per non danneggiare nessuno e avere la possibilità di trasferire le volumetrie». Ma cosa accadrà di tanto importante a settembre? Partiranno, in parallelo, la revisione del Piano dei servizi e la messa a punto della variante al Pgt annunciata dalla giunta. Spallino ha aperto a una revisione parziale e alla valutazione caso per caso delle diverse situazioni. L’importante è che la doverosa tutela di un territorio critico non si trasformi in una crociata. Né super ambientalismo né super liberismo, insomma. Ma tanto sano buonsenso.
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