Tangenziale: chi più
spende meno spende

In quel capolavoro della commedia all’italiana che è Romanzo Popolare di Mario Monicelli, a un certo punto Ugo Tognazzi, recatosi nel Sud Italia per i funerali di un congiunto della moglie, decide di andare a trovare un vecchio amico che fa il casellante su una nuova bretella autostradale. E scopre che il passaggio di veicoli e talmente intenso da consentire al lavoratore di studiare per prendere una laurea.

Se la tangenziale di Como, anziché il cervellotico sistema di pagamento automatico, utilizzasse i casellanti potrebbe certo contribuire ad innalzare il livello generale dell’istruzione. Perché, lo confermano anche gli ultimi dati, sul moncherino incompiuto passano sempre meno veicoli. Certo, non gli automezzi previsti dalle ottimistiche stime del piano economico finanziario 2014. Se la Pedemontana registra un meno 59% di traffico, cioè più della metà rispetto alle aspettative, la nostra tangenziale segna addirittura una riduzione del 72% (quasi tre quarti).

Numeri che certificano un flop annunciato. La strada è stata utilizzata nel periodo iniziale, quando il transito era gratuito. Poi i comaschi e gli altri si sono resi conto che il gioco non valeva la candela. Il tempo risparmiato, cioè, non giustificava l’esoso esborso richiesto per i due chilometri e mezzo circa di asfalto tra Villa Guardia e Albate. Cifre che rischiano di iscrivere la tangenziale nel corposo libro delle opere inutili, le celebri “cattedrali nel deserto” tanto per stare lontano dai luoghi comuni, di cui purtroppo è punteggiata l’Italia. Anzi, in verità soprattutto in Meridione, come sottolinea la pellicola di Monicelli girata negli anni ’70, sorgono queste strade poco percorse e collegano località di scarso o nullo interesse, realizzate da un ceto politico clientelare. Non dovrebbe essere il caso della Pedemontana, invocata per decenni come una delle panacee per un economia lombarda costretta a viaggiare in coda nella trafficatissime strade ordinarie. Insomma la Lombardia a guida leghista rischia di fare la figura di una Campania dorotea del secolo scorso.

Eppure le cifre non sono opinabili. E non era difficile prevedere che un’autostrada incompleta e costosa sarebbe stata disertata dal traffico commerciale e turistico. Ancora di più per la tangenziale di Como che, come sanno anche le pietre, è incompiuta. Avrebbe dovuto infatti collegare le direttrici da Lecco e Bergamo verso Como a quelle che portano a Varese e Milano. In questo caso il beneficio sarebbe stato effettivo soprattutto per la città e i Comuni del circondario di Como sgravati dal pesante e quotidiano traffico di attraversamento.

Il secondo lotto a oggi è solo una promessa dei politici. In particolare del presidente della Regione, Roberto Maroni, che anche in un’occasione pubblica ha detto che sarebbe stato realizzato in contrasto con le affermazioni di coloro che lo avevano preceduto, cassandolo perché troppo costoso. Ora ci sono nuove ipotesi di progetto che richiederebbero un impegno economico inferiore, ma restiamo nel campo delle cento pertiche. Forse, se si fosse deciso subito di completare la tangenziale di Como (i soldi si potevano trovare con un’adeguata volontà politica) oggi non saremmo qui a commentare il flop dei transiti. Lo dice la saggezza popolare: a volte chi più spende meno spende. E ai comaschi non resta che augurarsi un segnale in questa direzione dal nuovo presidente di Pedemontana, Antonio Di Pietro, che da buon ex contadino, conosce bene la cultura spicciola degli anziani.

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