C’è un tasso di tatticismo esasperato nelle discussioni in corso sulle riforme istituzionali, in una quantità tale da far tornare alla memoria i momenti in cui, tante volte purtroppo, finirono per naufragare gli innumerevoli tentativi, dalla commissione Bozzi ad oggi, di ammodernare queste nostre fragili istituzioni democratiche.
Quando la tattica e il rinvio sembrano vincere su tutto, vuol dire che delle riforme interessa solo in seconda battuta ai vari interlocutori politici che mirano semmai, ognuno, a lucrare il massimo del dividendo politico. Non siamo certi, beninteso, che l’attuale sia una situazione di questo genere, però certo è molto, troppo simile. E lo ha avvertito per primo Giorgio Napolitano che non a caso ha fatto piovere sui partiti lo stop a nuove manovre dilatorie, quelle che a palazzo Madama stavano cementando le varie fronde che si oppongono alla marcia dei “pattisti del Nazareno”, pronti a chiedere a Piero Grasso un nuovo rinvio dell’esame in aula del testo di riforma costituzionale su cui pure il lavoro dei relatori sembrava quasi definitivo. Non si rinvia niente, si va avanti manda a dire Giorgio Napolitano nel giorno in cui il tatticismo esasperato coinvolge soprattutto i democratici e i grillini. Raccontare gli alti e bassi di una giornata come quella di ieri significherebbe adottare il registro della commedia comica: avanti e indietro, mosse e contromosse, insulti e riappacificazioni, scuse e alibi, smentite e contro smentite. Renzi e i renziani, Grillo e i grillini hanno corso sulle montagne russe in un gioco in cui era chiarissimo che l’intento degli uni e degli altri era soprattutto frenare l’avversario, metterlo in difficoltà, farlo calare nell’imbarazzo.
Renzi vuole davvero il dialogo con Grillo, ora che ha rafforzato ancora una volta il patto con Berlusconi o viceversa intende continuare a pressare Berlusconi perché non si faccia ostacolare da chi dentro Forza Italia gli mette i bastoni tra le ruote? E Grillo è sul serio volenterosamente dedito al merito delle riforme o piuttosto deve riuscire a rompere quel patto tra il premier e l’ex Cavaliere perché di riforme non si parli più, perché la legislatura scivoli nel disastro e si vada a votare nell’unico contesto che serve e favorisce il Movimento 5 Stelle, quello dello sfascio, del disorientamento, del rancore popolare verso la classe politica? Ecco le domande vere che bisogna farsi se davvero ci si impegna capire cosa sta accadendo. Il fatto che i democratici pretendessero risposte scritte alle loro domande dai grillini e, non ricevendole, abbiano fatto saltare il tavolo; o il fatto che i grillini prima si rifiutassero di mettere nero su bianco le loro proposte e poi ci abbiano ripensato, non senza prima aver accusato (Grillo sul suo blog) Renzi di essere una specie di Mussolini “democratico”; ecco, questa è tutta roba che fa parte di quello che Berlusconi un tempo chiamava teatrino. Nonostante che alla fine il M5S abbia scritto i suoi “sì, però” alle domande di Renzi, non scommetteremmo un soldo bucato sulle prospettive di quel dialogo PD-pentastellati. Almeno fino a quando non si capirà se davvero Berlusconi sia in grado di domare quella strisciante rivolta che nei gruppi parlamentari sta mettendo a rischio la sua leadership.
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