Non di rado, soprattutto nel passato, l’installazione delle telecamere per la videosorveglianza ha suscitato dubbi e perplessità tra i cittadini. Oggi che il contesto è cambiato, soprattutto per l’ondata di furti di questo inverno, i favorevoli sono probabilmente diventati la maggioranza ma restano diffusi i quesiti di sempre.
Si tratta della strategia migliore per rendere più sicure le nostre città oppure la tecnologia non è che un palliativo per ovviare alla carenza di personale delle forze dell’ordine? Stiamo parlando di sistemi davvero efficaci, capaci cioè di garantire interventi efficaci lì e quando si verifica una situazione di pericolo? E ancora, la proliferazione delle telecamere non lede il diritto alla riservatezza? Si tratta di questioni aperte da diversi anni e tali rimarrano anche in futuro perché di fronte alla complessità non c’è ultima parola che tenga.
Pensiamo ad esempio alla riservatezza, un tema che il drammatico allarme del terrorismo ha riportato all’attenzione generale. Sino a che punto è giusto spingersi per garantire la sicurezza? In linea teorica e sull’onda dell’emozione è pure lecito pensare che non ci debba essere alcun limite. Ma il tema, così posto, è un puro proposito della volontà e ce ne rendiamo conto quando, in virtù del superiore interesse pubblico della sicurezza, siamo chiamati a rinunciare a pezzi sempre maggiore delle nostre libertà. D’altra parte, anche la sicurezza è parte integrante della libertà, si tratta di un diritto fondamentale, tanto più essenziale per chi è più debole e indifeso. La sfida che chiama in causa tutti, i politici ma anche i cittadini, è quella di trovare soluzioni che di volta in volta bilancino interessi contrapposti nella consapevolezza che non si troverà mai un equilibrio definitivo perché quest’ultimo sarà sempre condizionato dallo stato mutevole della realtà.
Il dibattito interessa in questi giorni anche Como perché l’amministrazione comunale intende dare seguito a un piano per blindare la città con una decina di telecamere di ultima generazione, quelle, per intenderci, capaci di leggere la targa delle auto in transito e, in caso di veicoli per esempio rubati, dare immediata segnalazione alle forze dell’ordine. Gli apparecchi sono in fase di prova, se l’esito sarà positivo verranno montati dieci impianti a protezione di altrettanti varchi di ingresso alla città. Il conto non è irrilevante perché il progetto costa circa 120 mila euro. Non pochi ma soldi ben spesi se, come è già avvenuto in alcuni paesi della nostra stessa provincia, questi nuovi impianti forniranno un valido aiuto alle forze dell’ordine. In passato non sempre è stato così. Se le riprese hanno sì aiutato gli inquirenti in alcuni casi di cronaca – su tutti, a Como, il cosiddetto omicidio del furgone giallo – a ladri e rapinatori è quasi sempre bastato coprirsi il capo per farla franca. La tecnologia, anche in questo campo, aiuta non poco ma bisogna utilizzarla con accortezza e senza illudersi di avere trovato la soluzione finale.
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