E allora il Pd? Il Pd eccolo qui come lo scalcagnato gruppo Tnt del fumetto di Max Bunker. Magari disastrato ma ancora in piedi e forse pronto a scalciare e galoppare come un purosangue. Del resto, di plasma al partito che ha preso il posto dei carabinieri nelle barzellette, ne è arrivato, a sorpresa, tanto dalle primarie di ieri che hanno consacrato la vittoria stra annunciata di Nicola Zingaretti, ennesimo segretario del partito, eletto dalla gente. Tanta gente, addirittura le code ai seggi fino all’orario di chiusura. E dire che per votare bisognava pure pagare 2 euro e che nell’Italia che non segue il rito Ambrosiano era il weekend di Carnevale, perlopiù dedicato a svaghi e gite in montagna. Innegabile perciò il successo perché l’asticella, pur tenuta opportunamente bassa dagli organizzatori a un milione di voti è stata superata con l’agilità di un Tamberi. Un segnale preciso che segue quello lanciato dai 200mila che si sono radunati sabato a Milano per urlare il loro “no” al razzismo.
Un weekend in cui l’Italia ha riscoperto l’esistenza di una sinistra di opposizione che magari pochi immaginavano, soprattutto con un governo che ci stava abituando a fare tutto da solo, cantersele e suonarsele sulla Tav, sulle autonomie, sulla famiglia ecc ecc... Segnali impercettibili di una riscossa del Pd sempre in piedi, anzi, di un qualcosa che va oltre il partito del Nazareno, in verità si erano visti anche alle elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna, con i buoni risultati ottenuti dai candidati di centrosinistra che avevano lasciato a distanza quelli pentastellati. Ma con tutti i riflettori puntati su capitan Salvini vincitore e sulla crisi delle truppe di Giggino Di Maio, la cosa era passata in secondo piano.
Adesso non la si può più negare. Le primarie, come la kermesse voluta dal sindaco di Milano, Beppe Sala (segnatevi il nome, ne sentirete ancora parlare) hanno rappresentato una sorta di chiamata alle armi di un popolo che era stanco, deluso e sbandato. Ai seggi si sono visti personaggi che si erano allontanati dal Pd renziano e soprattutto post renziano e forse anche qualche elettore che aveva concesso la libera uscita del suo consenso verso i Cinque Stelle perché vi aveva intravisto quel qualcosa di sinistra che dai tempi del dialogo cinematografico Nanni Moretti-Massimo D’Alema andava cercando.
Il segnale delle primarie del Pd esce dal recinto della sinistra e riguarda anche il governo che da oggi ha un’opposizione sociale più che politica tignosa ben oltre le previsioni.L’esito della consultazione piddina è anche se non soprattutto, figlio di tante aspettative generate dalla maggioranza gialloverde e già finite in frantumi. E potrebbe essere una delle concause della sempre più probabile deflagrazione della già logora coalizione dopo il voto europeo. E con ogni probabilità l’esito della consultazione piddina diventerà una delle concause della sempre più probabile deflagrazione della già logora coalizione dopo il voto europeo.
Il rischio per il Pd, invece, è di non smaltire la sbornia per questo risultato che è in piccola parte merito di un partito che in questi mesi ha lanciato solo messaggi confusi e contraddittori e continuato a dare la rappresentazione del pollaio con troppi galli, invero spelacchiati, che si beccano tra di loro. Quello che è accaduto ieri invece deve essere il mattoncino sui tentare di costruire un’alternativa di governo che sappia andare oltre il partito di Zingaretti senza ricadere nel caravan serraglio di quella Unione sinistrata più che di sinistra che pose fine al tentativo di governo bis di Romano Prodi. Se il paese, in questo momento con la recessione che sta per mordere i polpacci, non si può permettere un governo tra Capitan Fracassa e Pulcinella, neppure ha bisogno di una sinistra arruffona, autoreferenziale e divisa. La partita del nuovo Pd comincia oggi. Chissà se sarà vera svolta.
@angelini_f
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