Matteo Renzi e Enrico Letta sono oggi i due “cavalli di razza” del Pd, rappresentanti di punta della generazione più giovane che sta prendendo il posto della vecchia nomenclatura. Sono loro i protagonisti della sfida interna del Pd, che ha come posta in gioco la guida del partito e la candidatura a presidente del Consiglio quando si tornerà a votare.
La direzione del Pd ha messo di fronte i due duellanti: da una parte Renzi che chiedeva un congresso in tempi brevi (alla fine, battendo i pugni sul tavolo è riuscito a strappare la finestra di novembre per le primarie per la segreteria, ma
evidentemente questo non gli basta), dall’altra Letta che vuole tenere fede all’impegno di completare il percorso dei 18 mesi che ha indicato quando ha ricevuto la fiducia delle Camere. Per riuscirci Letta sta cercando di neutralizzare le forze centrifughe sorte dopo la condanna definitiva di Berlusconi da parte di Berlusconi, consolidando il suo rapporto con Angelino Alfano. Premier e vicepremier sedevano uno accanto all’altro ieri mattina a Palazzo Chigi per illustrare il decreto sul femminicidio, e Letta ha assicurato che il governo ’’va avanti determinatissimo’’. Alfano annuiva.
I due si alterneranno per tutto agosto a Palazzo Chigi, che resterà dunque presidiato anche nei giorni di Ferragosto, quando tutti gli italiani sono in vacanza. Il messaggio è evidente : il governo non va in ferie e vuole continuare il suo cammino. Sulla strada di Letta restano però gli ostacoli che nascono dalle quotidiane polemiche tra alleati. Dal giorno della condanna di Berlusconi c’è un clima di guerra a bassa intensità tra Pd e Pdl che non aiuta certo il governo ad andare avanti. Oggetto dello scontro resta sempre il futuro di Berlusconi. Il vice ministro dell’Economia Fassina ha detto che il Pd non darà mai il suo sostegno a un provvedimento “ad personam” per evitare la detenzione del leader del Pdl e la sua decadenza dal seggio senatoriale. Il Pdl è insorto rintuzzando l’attacco e chiedendo se il Pd non voglia staccare la spina al governo. Dopo la riunione della direzione del Pd, la tenuta del governo sembra un po' più certa. Il segretario del Pd Epifani ha fatto un assist a Letta ribadendo il sostegno al governo in nome della “responsabilità”.Il governo perciò deve andare avanti “senza logoramento e senza fibrillazioni”. Un segnale subito raccolto dal premier, che ha insistito sulla necessità di non lasciar sfumare i segnali di ripresa economica, che sono "timidi’’ e hanno bisogno di misure adeguate per essere potenziate. In più Letta ha messo sul piatto la riforma della legge elettorale; e con una formula a effetto ha detto che bisogna assicurare ’’l’agibilità politica’’ al governo. Ma tutto dipenderà dall’unità del Pd: Letta lo sa bene ed è su questo che ha insistito in direzione, drammatizzando il suo appello alla coesione con la previsione che se il Pd si sfilaccia salta tutto il sistema. Il Pdl resta guardingo: trova indigesto il no espresso da Epifani a una riforma della giustizia e considera assolutamente insopportabili le affermazioni sulla necessità di rispettare e applicare la sentenza Berlusconi. E in più avverte l’inquietudine per un futuro incerto, in cui si materializzano i fantasmi evocato da Sandro Bondi della fine della Dc e del Psi: partiti della prima Repubblica finiti a causa delle inchieste giudiziarie e delle divisioni.
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