In attesa che il governo del cambiamento (dell’auto) ci metta tutti a bordo di vetture ecologiche con gli opportuni incentivi, inauguriamo un altro weekend di sofferenza per i nostri polmoni con l’annunciata invasione di auto nel giorno storicamente più lungo (l’8 dicembre) della Città dei Balocchi. Meglio togliere subito dai piedi ogni equivoco: questa manifestazione è una gioia per gli occhi e per la città. Avercene di eventi così. Strano solo che non se ne sia già andata in qualche altra piazza come molte cose belle importanti di Como. Perciò ha stra ragione Daniele Brunati, promotore della kermesse che festeggia quest’anno le nozze argentate con la città, a denunciare il paradosso di un allontanamento dei turisti, anziché, come succede altrove tenerseli stretti.
Ma è proprio qui il punto: come va la faccenda della viabilità nei luoghi forniti di bellezze ed eventi che attirano le masse? Nel 90% dei casi si fa in modo che le auto restino ben lontane dal centro, con parcheggi periferici capienti in cui, volente o nolente ti tocca infilare la tua quattro ruote, zone a traffico limitato e, nel caso, tariffe di sosta nelle aree strategiche per cui occorre accendere mutui.
Anche a Como, quest’anno magari un po’ di più che in precedenza, anche se più o meno le modalità sono le stesse, si è tentato qualcosa. Ma come avrebbe detto Renzo Pigni ai tempi delle sue combattive battaglie in consiglio comunale, è stato un “pannicello caldo su una gamba di legno”.
Sbagliato, se ci è consentito, è stato anche il marketing di questa campagna dissuasiva. Sui cartelli che indicano i vari parcheggi non a ridosso della Città Murata, anziché scrivere il nome degli stalli, “Val Mulini”, via “Castelnuovo” ecc… si sarebbe dovuto stampare a caratteri da scatolone: “Parcheggi per il centro”. Si inventa niente, eh. Altrove si fa così. Forse qualcuno in più si sarebbe fatto convincere a mollare l’auto. Si sarebbe anche potuto indicare la distanza in passi dalla Città dei Balocchi. Forse non sarebbe servito a molto. Perché si sa come siamo noi italiani, la nostra vettura la vogliamo sempre a portata di mano.
Allora, come accade sempre negli “altrove” di cui si ciancia, serve la coercizione. Bisogna costringere gli automobilisti a fermarsi lontano dal cuore di Como. Dice, ma è impossibile, la nostra è una città sventurata, solcata da strade di attraversamento, non è bello impedire a uno che arriva da Prestino di andare a prendere la cioccolata calda a Bellagio o a Brunate. Obiezione accolta, ma solo in parte. Non sarebbe impossibile fare qualcosa, a patto di metterci la testa e per tempo. Perché è vero che il Natale quando arriva arriva. Se si è previdenti e lungimiranti, però, non ci si fa cogliere impreparati. Come quelli un po’ maniaci che cominciano a ottobre a pensare ai regali per evitare il caos degli ultimi giorni, anche l’amministrazione comunale, avrebbe potuto prendere in mano la pratica prima e studiarla. A meno che non si dica che tanto, alla fine, è solo un mese, quattro o cinque fine settimana di disagi e poi, assieme all’albero e alla statuine del presepe si mettono via anche il traffico e lo smog allucinante in attesa di ritirare fuori tutto il prossimo anno. Insomma è la politica del “ha da passà a nuttata” con la quale si governa da queste parti. Pensare che si potrebbe buttare l’acqua sporca del caos e salvare il bambinello della Città dei Balocchi. Basterebbe programmare per tempo. Perché la chiusura del Girone potrebbe anche non essere un tabù se si disponessero vigili e ausiliari del traffico a pioggia sulle altre strade per consentire lo scorrimento il più veloce possibile. E anche la possibilità di munire le auto dei residenti di un “lasciapassare” e costringere le altre a intrupparsi nei parcheggi e gli autosili periferici attesi da un numero adeguato di treni, bus o battelli non è un’ipotesi da romanzo di fantascienza. Non ne vale la pena per un mese? Ma… O forse sotto sotto c’è la paura di veder calare il numero di visitatori? Ubbie che altrove non ci sono.
@angelini_
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