Il varo del Girone attorno alle mura, negli anni ’80, fu salutato con lo slogan “Como vince il traffico”, scelta insidiosa perché sarebbe bastata una virgola tra la prima e la seconda parola per stravolgere il senso della frase. Per qualche tempo si potè anche andare avanti senza scomodare il segno di punteggiatura, poi però il traffico ribaltò il risultato e la città sprofondò lentamente nel caos quotidiano che si comincia a rivivere in questi giorni dopo un agosto un cui, chi è rimasto a Como se l’è davvero spassata a circolare per le strade punteggiate da rari veicoli.
Forse per questo l’approccio di settembre è apparso a molti più traumatico del solito e non solo per il viadotto dei Lavatoi sbarrato e impercorribile. E il bello deve ancora venire con il prossimo martedì quando l’apertura delle scuole riporterà la città nel suo tradizionale andamento lento un po’ ovunque nelle ore di punta. Si sa che il traffico è uno degli annosi e irrisolti problemi di Como, che genera documentate conseguenze sulla salute fisica e nervosa dei cittadini. Però finora, Girone a parte, nessuna delle amministrazioni che si sono avvicendate negli ultimi 25 anni è riuscita a confezionare la panacea. Impresa non facile per la conformazione del territorio e della sua posizione che ne fa un’area di attraversamento sull’asse est-ovest non servito da infrastrutture adeguate.
L’unico rimedio sarebbe stato quello della tangenziale completa. L’idea, imperdonabile, di mettere da parte il secondo lotto sta costando ancora molto cara ai comaschi. E c’è da sperare che le manovre per rimettere mano alla pratica possano portare a qualcosa di concreto, anche se le incognite sono davvero tante e le risorse di questi tempi molte poche.
Nel frattempo? Domanda che resta ferma come le tante auto negli orari di punta in città. La giunta Lucini aveva fatto un tentativo, in verità tardivo e forse un po’ maldestro, una cifra questa che l’ha contraddistinta in parecchie scelte. Era stato presentato quasi a fine mandato, forse con la prospettiva di renderlo operativo in un eventuale secondo giro dell’amministrazione di centrosinistra. È scomparso affossato anche dalle pesanti critiche ricevute nelle varie presentazioni ai soggetti e alle parti sociali della città. In sintesi l’idea base era quella di togliere il più possibile le auto da Como, anche con un approccio un po’ luddista diffuso in parte della giunta e non solo. Del resto, per rendere più scorrevole il traffico non ci sono che tre linee guida: ridurre il numero di veicoli in transito, realizzare nuove strade (in questo caso però non si abbassa l’inquinamento) o rendere più efficiente e appetibile il servizio pubblico. A parole è un attimo. Nella realtà, hai voglia. Perché il caso di Como, dove al traffico di attraversamento e a quello di chi si sposta all’interno della città si è aggiunto l’afflusso di turisti diretti verso il centro è il lago, è un bel guazzabuglio. Si sa: chi vive in convalle ed è in grado di spostarsi in maniera autonoma con le proprie gambe o su mezzi leggeri a due ruote, di solito guarda con favore a una politica di riduzione e disincentivo delle auto in transito. Discorso opposto per gli abitanti delle periferie a ridosso delle colline che hanno la necessità di raggiungere il centro. Come conciliarle? È il domandone a cui è chiamata a rispondere la giunta guidata da Mario Landriscina. Che, c’è da augurarsi, una volta risolta l’emergenza viadotto non ci si limiti a interventi tampone, concentrati per lo più sui parcheggi che pure vanno razionalizzati in funzione delle nuove esigenze che Como esprime. Servirebbe una proposta efficace e creativa come fu all’epoca il Girone. Sarebbe il caso di concretizzare e affinare quanto proposto nel programma. Altrimenti, nell’attesa un po’ buzzatiana del secondo lotto della tangenziale a Como, il traffico vincerà molto più della Juventus nel calcio.
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