Se mai la bellezza salverà il mondo, una stagione come quella che si inaugura stasera al Teatro Sociale di Como, con “Le nozze di Figaro” di Mozart, può almeno dare un buon copione a una città sempre in cerca d’autore. Non tanto perché è la logica del cuore a pervadere le varie sezioni, sull’onda dei versi di un celebre sonetto di William Shakespeare («In esso sei il mio tutto»).
Ma per come Barbara Minghetti, da tre anni presidente del Teatro Sociale Aslico, ha saputo orchestrare una materia complessa qual è la cultura, con risultati brillanti, al punto che il Regio di Parma l’ha voluta come consulente. Provate ad aprire l’inserto che vi proponiamo e soffermatevi sul programma. Basta uno sguardo veloce per capire che cosa significhi “avere un progetto” (e saperlo realizzare), merce rarissima di questi tempi. Sapori diversi dello spettacolo si armonizzano con sapienza, dalla prosa d’autore (con nomi quali Carlo Cecchi, Valter Malosti, Giancarlo Giannini, Gabriele Lavia, Alessandro Gassman) alla lirica non priva di sorprendenti acuti (la “Scala di seta” di Gioachino Rossini, mai rappresentata a Como), concerti con personalità fuori dal comune (si pensi al duo formato da Sir Antonio Pappano, al piano e Luigi Piovano, al violoncello), primedonne autentiche della musica (la violinista Hilary Hahn o la jazz performer Esperanza Spalding), teatro di ricerca per palati fini (la piéce “Attaccante nato”, tratta dall’omonimo romanzo di Stefano Borgonovo) e molto altro.
Si percepisce chiaramente che c’è un’idea di fondo, quella di una «stagione d’amare», come scrive Minghetti nel suo contributo. Ma, soprattutto, si coglie lo sforzo di proporre una partitura a più voci, capace di intercettare sensibilità e generazioni diverse. Trovare un pubblico non è cosa facile. In tempi così difficili per la cultura, Barbara Minghetti e il suo staff hanno fatto di più: sono andati a cercarlo, per portarlo in scena, da protagonista. “200.Com. Un Progetto per la città”, nato come evento corale del bicentenario del Sociale nel 2013, con un cast di comuni cittadini – quest’anno tocca all’ “Elisir d’amore” di Donizetti – diventa un modello a cui guardare anche al di fuori del teatro.
Si tratta, se ci pensiamo, di un atto eminentemente “politico”, nel senso più originario, di azione di e per la comunità. I frutti, nel tempo, arrivano. La prova? Investire sulla produzione lirica (Aslico), come ben sa proprio Minghetti, formando la sensibilità all’ascolto fin dalla scuola materna (Opera Domani, Opera Kids), fa crescere la domanda di questo spettacolo nelle generazioni più giovani.
Va da sé che ogni buon progetto, oltre a coinvolgere e fare comunità, si propone come forma di cultura autenticamente popolare. Shakespeare, in questo, ha molto da dirci: classico assoluto, per questo “manipolabile” anche in chiave farsesca (come nel velocissimo “Tutto Shakespeare in 90 minuti”), nel Seicento il genio del Bardo intratteneva il popolo più vario, che spesso pagava il biglietto del “Globe” portando lepri o galline. Ma ne veniva ripagato alla grande. Perché non c’è spettacolo, anche brutto, che non chiami in causo lo spettatore, accendendo la capacità critica, cuore pulsante della cultura e invitando all’azione. Su il sipario, allora, con un’esclusiva anteprima per i nostri lettori, perché «anche quest’anno la sera a teatro si trasformi in emozione da riportare nella vita quotidiana» .
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