Una grande esposizione
per il tessile comasco

Ho letto con interesse l’articolo di Alberto Longatti e desidero portare il mio contributo al riguardo.

Como era città della seta ed ancora oggi possiamo definirla con forza città del prodotto serico, intendendo con ciò oltre alla seta anche le fibre chimiche continue sottoposte ad artifizi che la tecnologia ha saputo sperimentare positivamente.

Il tessuto è rimasto quindi di alto livello qualitativo e coinvolge professionalità differenziate: dal creativo al tecnico tessile, al tintore, allo stampatore, al finitore.

La filiera produttiva si è mantenuta intatta ancorché alcuni processi vengono sostituiti da elaborazioni al CAD, macchine dotate da componenti elettroniche (meccatronica), semplificazione delle campionature e dei controlli, trasformazione digitale delle aziende.

Siamo quindi capaci di meravigliare ancora?

A mio avviso sì; ogni collezione è uno stress per ricerca, innovazione, reinterpretazione; ogni problema posto da un cliente riceve la risposta adeguata. È mutato però il contesto storico: allora il tessile rappresentava la principale attività produttiva comasca, ora si contende con il legno arredo ed il metalmeccanico il numero di aziende e di occupati.

Le passate generazioni di imprenditori tessili vedevano figure impegnate nell’azienda, nelle attività sociali, nell’arte e cultura, oggi molti piccoli e medi imprenditori faticano a garantire una redditività aziendale ma operano affinchè ciò avvenga e comprendendo il ruolo sociale dell’azienda supportano tramite le associazioni categoriali iniziative a capitale misto (pubblico-privato) nell’interesse della collettività.

Concordo con quanto affermato da Govoni e Cavadini nella recente conversazione pubblica al Museo della seta, presieduto egregiamente da Bianca Passera: la forza del tessile comasco risiede anche nel trasferire le capacità artistiche ad un livello alto di mediazione con le esigenze tecniche imposte dalla creatività applicabile ai tessuti.

In passato ciò era frequente ma ora si sta rilanciando in tal senso.

Ovviamente Ravasi interpretò in modo forte questo pensiero ma l’esempio mostratoci di Alvaro Molteni e del suo grande sostenitore Cav. Ratti, ne ha rappresentato una continuità.

Quanti altri artisti spesso sconosciuti alimentano la vena creativa delle aziende!

Ho la fortuna di conoscerne alcuni e soprattutto di apprezzare lo sforzo che i giovani di Com On ripongono nel contaminare tra loro i giovani di Istituti e facoltà universitarie comasche e lombarde, integrandoli con la presenza di giovani artisti stranieri.

Forse siamo all’inizio di una felice fase di “Rinascimento” del tessile comasco, partendo proprio dalle attività conoscitive e divulgative del Museo della Seta, di Fondazione Ratti, di Com On, del Setificio, degli Istituti d’arte, di Accademia Galli e di molti altri soggetti non più disponibili a sottacere la grandiosità del passato e pronti a mettersi in gioco per garantire una continuità nel futuro. In ciò siamo in buona compagnia poiché proprio quest’anno Camera Nazionale della Moda, con Sistema Moda Italia ed il ministero delle Attività produttive desiderano inserire nelle fashion week momenti di presentazione dell’intera filiera tessile abbigliamento quale forza italiana distintiva a livello mondiale.

Partendo da questo slancio concordo nel ritenere maturi i tempi per riproporre quanto Ravasi non potè veder realizzato. Un momento espositivo, sempre aggiornato, del prodotto tessile che stimola ammirazione, testimonianza di arte, cultura e tecnica, una passione che va oltre la pura commercializzazione.

In fondo è il principio raccontatoci da Farinetti: “produrre bene ma saper presentare e diffondere il bel prodotto”.

Su questo tema a mio avviso non rileveremmo le conflittualità del passato tra gli imprenditori ma dovremmo chiedere analoga condivisione alla politica.

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