Molti anni fa, ispirato da un fatto vero anche se diverso da quello che si tratterà qui, Francesco Guccini compose “Una piccola storia ignobile” che, si legge nel testo “non merita nemmeno tre colonne sul giornale”. Ecco, all’orribile storia del bambino pakistano vittima di abusi nel centro di accoglienza di via Regina, La Provincia ne ha dedicate meno di tre, nella copertina di cronaca. Una scelta, magari discutibile, fatta in ottima compagnia. Perché la storia ignobile del piccolo di 6 anni abusato per cui è stato arrestato un pakistano e sono stati espulsi altri 5 suoi connazionali che hanno assistito alla vicenda senza essere intervenuti in soccorso (lo ha fatto, per fortuna, il personale della Croce Rossa presente nel centro) non è stata amplificata dalla politica. Silenzio totale, un silenzio cupo, triste, inquietante e assordante. Almeno fino a quando Patrizia Maesani, consigliere comunale impegnata nel volontariato proprio attraverso l’opera di assistenza agli ultimi ed esponente di Fratelli d’Italia, ha squarciato il velo di omertà. In un meditato e coraggioso intervento nell’aula di palazzo Cernezzi ha denunciato la Como che “non riesce a indignarsi nemmeno sulla tentata violenza contro un bambino. Allora – ha aggiunto - significa che in questa città non c’è una vera solidarietà, che questa è una città senza spina dorsale che si volta dall’altra parte per non vedere, nonostante episodi così brutali”.
Un macigno nello stagno a cui, naturalmente, è seguito il gruppo. A cominciare dal capo politico locale di Fdi, Alessio Butti che ha pubblicato sul social Facebook un lungo post sulla vicenda. La questione è politica. Al di là della chiara provocazione di Maesani sulla mancanza di solidarietà che può essere smentita con decine e più di episodi, resta il dibattito su un tema, quello dell’accoglienza e del centro vicino al cimitero monumentale, che è scemato di colpo come se la struttura fosse stata smantellata di notte. Una discussione che era stata avviata dopo la realizzazione della struttura per evitare gli accampamenti alla stazione di San Giovanni dei migranti animati dall’illusoria speranza di saltare su un treno per la Svizzera. E proseguita prima e durante la campagna elettorale per le Comunali che ha visto il ritorno del centrodestra alla guida della città. Ma che è andata avanti nei primi mesi di vita della nuova amministrazione con i provvedimenti per sradicare le panchine di piazza San Rocco su cui si sedevano i migranti e l’installazione delle sbarre davanti all’autosilo Val Mulini dove si accampavano. Poi con l’ordinanza anti accattonaggio in centro.
A un certo punto il problema o presunto tale è scomparso dai radar. Forse è stato risolto. Ma allora la nostra piccola storia ignobile? Si potrebbe essere maligni e sottolineare la coincidenza temporale tra lo spegnimento dei riflettori e l’elezione al Parlamento della vice sindaco di Como, la leghista Alessandra Locatelli. Ma non è il caso. E neppure si può dire che l’onorevole, sempre in prima linea coerentemente ai dettami di partito nello stigmatizzare il problema dell’immigrazione, sia ora assorbita da altre incombenze. Poiché in attesa del nuovo governo, l’attività del Parlamento dal 4 marzo in avanti si limita a un solo giorno: quel 27 in cui tocca incassare lo stipendio. Per fortuna (si fa per dire) un’altra campagna elettorale è alle viste.
E forse allora si potrebbe rammentare a chi deve intendere che la politica è una scienza diversa dalla climatologia che distingue tra temperature reali e percepite. La politica deve o dovrebbe occuparsi solo dei problemi reali non di quelli percepiti o, soprattutto, fatti percepire per fini elettoralistici, con l’aggravante della campagna elettorale.
Illazioni? Sicuro, salvo smentita, ammesso che non basti quella della piccola storia ignobile avvenuta al centro di accoglienza comasco.
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