Se un regista decidesse di dedicare un film all’ormai messa in naftalina “questione settentrionale”, potrebbe scegliere come simbolo proprio l’autostrada Pedemontana. Un’infrastruttura considerata indispensabile e imprescindibile per l’economia del territorio già 50 fa all’epoca del nonno evocato dal presidente della Lombardia, Roberto Maroni, e che ha visto la luce, in parte, solo negli ultimi giorni e con tante traversie come ha ricordato il presidente regionale.
Per noi comaschi questi primi sudatissimi quindici chilometri sulla direttrice est-ovest o viceversa se preferite, sono qualcosa ma non tutto. Certo, arrivare all’aeroporto di Malpensa, sarà più veloce e questo una piccola mano all’economia del territorio la potrà dare, soprattutto perché vale anche il contrario. Ci vorrà meno a giungere sul Lario dall’aeroporto. Per il turismo non è male. Tutto questo, naturalmente, finché percorrere questo nastro d’asfalto nuovo di zecca non costerà. Con i pedaggi bisognerà vedere. L’esempio della Brebemi, la nuova spettrale e a pagamento autostrada che porta da Milano a Brescia percorsa da pochi intimi non è incoraggiante.
Si tratta però di cose che si scopriranno solo vivendo. Fra le tante traversie legate alla Pedemontana ci sono quelle della tangenziale di Como. Il primo lotto sarà aperto, in ritardo dopo un crescendo di ritardi da far impallidire Rossini,tra maggio e giugno. Ancora non vi sono certezze sul pedaggio che potrebbe essere cancellato almeno per i mesi dell’Expo, come dovrebbe accadere per la Lomazzo-Cassano Magnago. Lo stesso Maroni, ieri, ancora con in mano le forbici del taglio del nastro per la Pedemontana, non ha voluto sbilanciarsi. Per noi comaschi, non ce ne voglia il governatore, è difficile pensare bene. Perché Varese, che il suo primo lotto di tangenziale lo ha già inaugurato sabato, non ha di questi problemi.
E di dov’è Maroni? Lo sappiamo. Non è magari il caso di scrollarsi di dosso i sospetti di favoritismi?
Ci sarebbe anche dell’altro. Per esempio, quel benedetto secondo lotto della tangenziale (in questo caso, va detto, manca anche a Varese) senza il quale Como perderà una parte non secondaria dei benefici dell’opera. Anche qui noi siamo le Cenerentole della fiaba. Perché se Maroni ci rassicura quando si impegna a finire tutta la Pedemontana (il collegamento Varese-Bergamo e le due tangenziali) entro il 2018, ci lascia un po’ meno tranquilli il fatto che il secondo lotto della nuova strada comasca è l’unico che non abbia neppure un progetto.
Ma tant’è. Per oggi non roviniamoci la festa. Finalmente la Pedemontana è realtà. Chi ha la memoria storica dell’opera sa che, fino a non molti anni fa, non era per nulla scontato che ciò dovesse accadere. Per questo è giusto festeggiare comunque. Anche per questa manciata di chilometri messi lì dove non avrebbero neppure dovuto esserci perché il tracciato originario dell’infrastruttura era un altro.
Per questo la Pedemontana può diventare il simbolo della questione settentrionale, di quel disagio del Nord a lungo cavalcato a sgroppate di promesse dai politici di ogni foggia e colore (mica solo la Lega, eh) per portare a casa qualche voto. Finché non è passato di moda e chi si è visto si è visto. Per lustri da queste parti si è diventati pazzi a far quagliare questa Pedemontana mentre magari altrove, dove forse c’era meno bisogno e meno urgenza era tutto uno stridor di forbici per aprire autostrade, viadotti e cavalcavia che hanno conosciuto le impronte di poche ruote. Per questo, e nonostante i tempi grami che stiamo vivendo, non ci possiamo accontentare dei pur importanti quindici chilometri. Vogliamo tutto e il prima possibile. Perché quella settentrionale, ahinoi, è una questione ancora aperta.
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