Verso il governo
del nostro Bengodi

“Viva il Cencelli, lo trovi ovunque tu vai, viva il Cencelli, simpatico più mai”. Certe cose non passano mai di moda. Come il manuale che sta regalando l’immortalità al pur ancora vivente signor Massimiliano Cancelli, iscritto alla Dc nel 1954, che redasse il celebre manuale per regolare la spartizione dei posti alla tavola della politica. Dopo queste elezioni che hanno cambiato tutto si pensava che finalmente questo strausurato volumetto potesse trovare requie. Invece no. È bastato il profilarsi delle scelte per i presidenti di Senato e Camera ed eccoli tutti lì a sfogliarlo. Vecchi e nuovi della politica. Montecitorio ai Cinque Stelle, palazzo Madama addirittura agli sconfitti di Forza Italia del lazzaresco fu Cavalier Berlusconi, che potrebbe piazzare il colpo grosso con Paolo Romani o Anna Maria Bernini. E la Lega vittoriosa di Salvini? A questo punto non resterebbe che palazzo Chigi o un ministero pesante come quello degli Interni, con una svolta politica che avrebbe del clamoroso. Pare infatti che il Berlusca, dopo aver minacciato di buttarli fuori dalla porta, non sia poi così mal disposto verso i marziani venuti dal pianeta Grillo-Casaleggio. Un po’ come Re Vittorio Emanuele III che aveva valutato l’ipotesi di proclamare lo stato d’assedio, prima di pronunciare un fatidico: “Proviamo anche questi”, di fronte a Mussolini & C. in marcia sulla capitale.

Se così fosse, avremmo il governo del nostro Bengodi. Ogni ambascia degli italiani sarà alle spalle se i tre partiti manterranno le promesse lanciate in campagna elettorale. A chi non ha un lavoro arriverà il reddito di cittadinanza 5Stelle per campare in maniera dignitosa. Per coloro che un’occupazione ce l’hanno, aumenterà il tenore di vita con la flat tax (a proposito: al 23% come vuole Forza Italia o addirittura al 15% garantito dalla Lega? Si potrebbe anche arrivare a una via di mezzo: il 18% che oltretutto assomiglia alla storica percentuale di voti del Carroccio). Gli aspiranti pensionati, infine, saranno beneficiati dall’abolizione della odiata legge Fornero che garantirebbe la possibilità di occupare il tempo con nipotini, hobby e viaggi. Cosa volte di più? Sembra una favola, eppure potrebbe essere realtà. Forse, se nei sotterranei di palazzo Chigi si nascondesse il leggendario tesoro della Regina di Saba, altrimenti sarà da vedere cosa si inventerà l’eventuale governo delle promesse impossibili. Magari proprio per questo resterà solo eventuale.

Tra le poche certezze di questi convulsi giorni di trattative, valzer di poltrone, cenacoli e baratti come se fossimo in una Prima Repubblica qualsiasi, c’è la scomparsa dai radar del Pd. Dopo la Caporetto elettorale, il partito che continua a guidare il Paese in attesa dei nuovi occupanti del palazzo sembra essersi squagliato, nell’immaginario collettivo, come neve al sole. La stessa neve tra cui è scomparso Matteo Renzi che ha dato le dimissioni con già addosso la tuta da sci. Già, “no Renzi, no Pd”, pare proprio. Con buona pace di Maurizio Martina, chiamato a reggere le macerie di un partito che non è mai stato così unito, magari perché non ha più niente da spartirsi. Dopo i giorni dei vezzeggiamenti e dei corteggiamenti come possibile ago della bilancia europea di una qualsivoglia coalizione, il Pd è stato abbandonato da tutti ed è rappresentato anche nei servizi tv da oscuri e ignoti personaggi. Del resto, è la crisi di socialismo o pseudosocialismo europeo, bellezza. Dove sono finiti i francesi eredi di Mitterand dopo la vittoria di Macron? Da Federica Sciarelli a “Chi l’ha visto”. Giusto la Spd tedesca, colpita anch’essa peraltro da un’emorragia di voti da rendere anemico un purosange, se l’è cavata ma grazie a Frau Merkel e al sacrificio di Martin Schulz. Sembra davvero cambiato proprio tutto. Ma ne siamo sicuri? Avete visto ieri sera su Iris il film “I Vicerè”? Se no, leggete il libro di Federico De Roberto. È meglio del più celebrato “Il Gattopardo” per raccontare l’eterno andazzo delle cose italiane dove tutto muta per non cambiare mai.

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