Non sarà come la scena del conte Mascetti-Ugo Tognazzi in Amici Miei, che rassicura “siamo su un dosso, qui l’acqua non può arrivare”, prima di essere sommerso dall’Arno in piena a Firenze, ma la vicenda del viadotto dei lavatoi a Como, qualche comprensibile inquietudine la crea.
Un professionista incaricato dal Comune ha denunciato che il ponte su cui transitano ogni giorno migliaia di auto comasche e non, sta “scivolando” verso valle e la situazione peggiora. Chiaro che non vi è pericolo di crollo immediato, altrimenti palazzo Cernezzi avrebbe già provveduto a sbarrare gli accessi anche ai veicoli leggeri. Ma dite la verità: voi siete tranquilli sapendo che state passando su un viadotto che “cammina”? No, eh? E allora forse tutto questo tendere a minimizzare un problema che piccolo non è e da parecchio tempo, non appare proprio l’approccio più appropriato. Certo, a Como chiudere una strada, qualunque essa sia, determina ripercussioni devastanti su tutto il sistema viario cittadino. È la maledizione della nostra città ancora orfana di quel maledetto-benedetto secondo lotto della tangenziale che sistemerebbe le cose una volta per tutti.
Anche così però, non è che le cose vadano bene. Poiché più di un automobilista di fronte alla notizia, che questo giornale ha dato in esclusiva, del viadotto che scivola, ha già scelto di passarvi non sopra ma magari sotto. Psicosi? Forse. Buon senso? Anche. A questo punto, però, in attesa degli interventi di messa in sicurezza definitiva che vanno fatti il più presto possibile, perché di tempo se n’è perso anche troppo, e vanno fatti a regola d’arte, perché in futuro non ci si debba ritrovare a chiudere o a limitare il traffico su un pezzo di strada strategico più di altri per la viabilità di Como, resta da capire come si possa nell’anno 2018 e nel profondo, operoso, onesto ed efficiente Nord, ritrovarsi con un ponte di soli 15 anni ridotto come un rudere di 90 e oltre. Il problema è che questo viadotto è nato male, con qualche malformazione che è rimasta per anni nascosta. E che quando è venuta fuori non è stata curata o non nel modo migliore. Sarà la magistratura, sollecitata dal Comune per la richiesta di risarcimento degli eventuali danni delle precedenti amministrazioni, a fare un po’ di un luce su una vicenda che presenta ancora qualche punto oscuro. Ma il fatto che a palazzo di Giustizia abbiamo stabilito di accelerare l’iter e che siano stati gli attuali amministratori a chiederlo, rassicura ancora meno sullo stato di salute del viadotto.
Per fortuna la perizia che evidenzia i problemi e segnala anche come sarebbe stato possibile e, aggiungiamo, doveroso, risolverli non denuncia “pericoli immediati”. Ma abbiamo anche appreso che nei mesi la situazione continua a peggiorare e questo rende poco tranquilli.
Di fatto, se chi è responsabile dei difetti iniziali e dei mancati o errati interventi successivi non dovrà, e meno male. caricarsi anche il crollo del ponte, qualche danno grave ai cittadini comaschi e non, che transitano sul viadotto l’ha provocato: i disagi dovuti alle chiusure totali e le difficoltà di accesso dopo le barriere installate per impedire il transito dei mezzi pesanti (a proposito che fine ha fatto il portale annunciato tempo fa?), che ora sono costretti a inoltrarsi nella tortuosa viabilità alternativa con ripercussioni su traffico e inquinamento. Nessuno risarcirà le vittime di questa situazione. Il minimo che si possa fare è che non si debba ripetere mai più.
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