Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia... E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai di giocatori che non hanno vinto mai ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro e adesso ridono dentro a un bar...». I versi laconici e nostalgici di De Gregori nella bellissima “Leva calcistica del ’68” calzano a pennello su Gianluca Zambrotta, un calciatore famoso che non ha avuto paura di tirare i calci di rigore sul campo e nella società.
Un giocatore che si è distinto per coraggio, altruismo, fantasia, generosità e solidarietà. Comasco, cresciuto nel quartiere di Rebbio in una famiglia con valori forti che lo hanno plasmato e formato prima come ragazzo e poi come uomo. Compirà 37 anni tra poche settimane e può guardare con legittimo orgoglio al suo curriculum sportivo iniziato al Calcio Como - che da qualche anno gli ha conferito la carica di presidente onorario - e proseguito nei campi di serie A con il Bari, la Juventus, il Milan e nella Liga spagnola con il Barcellona. Un punto di riferimento per la Nazionale italiana con la quale ha disputato tre Europei e tre Mondiali, vincendo il titolo iridato nel 2006 in Germania. Tanti titoli - un Mondiale, tre scudetti, vicecampione d’Europa, una supercoppa, tante presenza in azzurro, l’ultima da capitano nel 2010 - e giudizi sempre lusinghieri per l’agonismo e per la correttezza in campo.
Onesto, sempre. Anche quando poteva essere rischioso come quella volta che si procurò un rigore a Bologna e poi in tv confessò che quel fallo non c’era. A Torino non gradirono.
Ma Zambrotta è un personaggio atipico nel mondo dorato del pallone che pullula di giovani viziati, arcimilionari e con poca zucca. Lui no. Sempre serio, sempre con i piedi per terra. Sempre pronto ad aiutare gli altri, a impegnarsi per associazioni disabili come l’Aism dell’indimenticato amico Gregorio, a fare qualcosa per la sua città donando per una stagione la riapertura della passeggiata a lago, mal ripagato dalla precedente amministrazione comunale. E capace di dimenticare il torto subito (gli fecero pagare la tassa pubblicitaria sul cartello che indicava la sua società “Young Boys” come sponsor della passeggiata) e di collaborare e donare tutto quanto era riutilizzabile per l’iniziativa messa in campo due anni dopo dagli “Amici di Como”.
Lui che presta il suo nome e il suo volto ad associazioni, istituzioni, privati che fanno volontariato o progetti positivi in campo sociale. Lui che torna sempre allo spirito di quando era un ragazzo di via Lissi. Il successo, la fama, la gloria sportiva, i soldi, non gli hanno cambiato la testa. Sembra facile, naturale che sia così guardandolo con quel volto austero, quasi greco. Eppure quanti ragazzi come lui si sono persi nelle auto di lusso, nelle notti brave in discoteca o inseguendo le veline di Striscia? Tanti se ne sono visti e chissà quanti se ne vedranno. E quanti hanno appeso le scarpe e se la ridono dentro un bar o in vacanza nel mondo? Quanti benestanti, pur non sportivi, lo fanno? Zambrotta no. Ha dimostrato ancora una volta coraggio, altruismo e fantasia: ha deciso di investire buona parte dei suoi risparmi nel centro sportivo Eracle Sports a San Fermo. Un intervento di oltre 12 milioni di euro, uno dei più grandi investimenti fatti negli ultimi anni in provincia di Como. Una realtà di 36mila metri quadrati, con centro sportivo e fitness, cardiofitness, campi di calcio, basket, tennis, piscine. Ci lavorano 67 persone. Sì, Gianluca Zambrotta, campione nello sport e nella vita.
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