Albavilla, la morte di Mattia dopo due anni
«Non archiviatela, continuate le indagini»
L’appello dei familiari ai magistrati di Sondrio. Il corpo dell’uomo di 30 anni era stato trovato dopo 17 giorni di ricerche
Due anni senza un figlio, senza un fratello, trovato morto in montagna a Chiesa in Valmalenco alla Vigilia di Natale del 2018 dopo 17 giorni di ricerche e attesa. Ma soprattutto due anni in attesa di risposte su quello che è successo e la ferma volontà di non archiviare la tragedia come un incidente. La famiglia di Mattia Mingarelli, 30 anni, chiede che vengano tenuti accesi i riflettori e si continui a indagare alla ricerca di una verità, che certo non ridarà Mattia all’affetto dei suoi cari, ma potrà almeno dare delle risposte su quello che è accaduto. Nel giugno 2020 la Procura della Repubblica di Sondrio aveva chiesto l’archiviazione del procedimento penale a carico di ignoti per l’ipotesi di reato di omicidio. Una decisione che la famiglia ha impugnato: si attendono decisioni in merito a gennaio 2021. Ma più che la vicenda e l’iter giudiziario, papà Luca, mamma Monica e le sorelle Chiara ed Elisa vogliono ricostruire il dolore di quei giorni e di questi due anni. Mattia era scomparso il 7 dicembre 2018 nei pressi del rifugio ai Barchi di Chiesa in Valmalenco (Sondrio), e venne ritrovato a poche ore da Natale a un centinaio di metri dal luogo della scomparsa, sotto la seggiovia, in area boschiva. «Sono passati quasi due anni da quando nostro figlio e fratello è scomparso e morto – raccontano i genitori e le sorelle - Trovato per caso da passanti dopo 17 giorni di estenuanti ricerche a tappeto della Protezione Civile e altri, elicotteri, sommozzatori, cani molecolari, noi e gli amici di Matti. Tutto senza esito, malgrado per varie volte siano passati vicini al luogo del ritrovamento. L’alta Valchiavenna è fin dall’antichità famosa per essere un luogo di confine con esperti contrabbandieri e ancora oggi bracconieri abili a nascondere, luogo che ancora nasconde la verità che cerchiamo. Ma la verità probabilmente sta nella gente del luogo più che in esso stesso».
Due anni senza risposte: un tempo immenso per una ferita che non si rimargina: «Per noi vittime come Mattia il passare del tempo senza risposte e spiegazioni è un tempo impossibile, un tempo che non facilita le nostre esistenze e che contribuisce a tenere aperta la ferita e il dolore – commentano - Ci siamo affidati alla giustizia: non ci sembra possibile che non si riesca a raggiungere una spiegazione realistica e soddisfacente dei fatti; ci aspettiamo che ogni sforzo praticabile venga fatto, che nulla sia lasciato intentato. Abbiamo fiducia nella giustizia, che deve essere perseverante nelle indagini. Il giorno successivo alla scomparsa eravamo anche noi ai Barchi: abbiamo iniziato a cercarlo, nella neve, nelle case, nel freddo. con il supporto lodevole del soccorso alpino, ma le nostre ricerche, lunghe e faticose, non hanno portato a nulla: il vuoto, il silenzio della morte certa dopo 17 infiniti giorni. Era il 24 di dicembre, vigilia di Natale, all’imbrunire quando il corpo di Mattia è stato trovato steso nel bosco, senza vita. Quel luogo, così battuto nelle ricerche, quel corpo composto e bello. Non crediamo sia possibile per un giovane uomo, abituato alla montagna fin da piccolo, oltre che scialpinista, e così prudente, addentrarsi in un bosco a lui sconosciuto e nel buio se non in una situazione di grave pericolo». La famiglia chiede che si faccia chiarezza e si continui a cercare la verità.
(Simone Rotunno)
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