Anime nere, e quel processo infinito per il sequestro Mazzotti. Ascolta la quarta puntata
Il podcast On line la terza puntata del podcast. Nando Dalla Chiesa e l’iter processuale
Dalle prime condanne del 1977 per arrivare all’ultimo processo con quattro imputati inaugurato la scorsa primavera. La nuova puntata del podcast “Anime Nere”, dedicato al sequestro di Cristina Mazzotti, ci porta nelle aule dei tribunali in compagnia del professor Nando dalla Chiesa, titolare del corso di sociologia della criminalità organizzata all’Università degli Studi di Milano e presidente onorario dell’associazione Libera. «Nel mio corso - dice ad “Anime nere” - racconto cos’è la ‘ndrangheta e dedico lezioni specifiche alla sua diffusione nel nord Italia. Queste lezioni iniziano sempre con l’immagine di Cristina Mazzotti: i ragazzi restano colpiti perché non ne avevano mai sentito parlare e capiscono quali ripercussioni può avere la presenza della criminalità organizzata sulla vita delle persone».
Il professore ha seguito con particolare attenzione il caso Mazzotti, sin dal 1975 quando restò colpito da un sequestro disumano. In seguito è diventato amico dello zio di Cristina, Eolo: «Mi ha trasmesso tutta la carica di dolore della famiglia. Oggi lui non c’è più, ma per quanto possibile continuo a tenere vivo il ricordo». Il caso Mazzotti è tornato di stretta attualità. In autunno entrerà nel vivo il processo che vede imputati altri quattro presunti responsabili del rapimento, fra cui il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito considerato uno degli ideatori. Le prime quindici condanne risalgono invece al 1977, all’epoca lo Stato era rappresentato in aula dal pubblico ministero Corrado Canfora. «L’Italia si è dimenticata quella storia. Fino a qualche tempo fa - dice Dalla Chiesa - il nome di Cristina non compariva nell’elenco delle vittime innocenti delle mafie, recitato il 21 marzo di ogni anno grazie all’impegno dell’associazione Libera. Il bisogno di memoria c’è, perché la memoria è un pezzo di verità, un pezzo di giustizia».
Quanto al nuovo processo, per dalla Chiesa «non c’è una scadenza per avere la verità sui delitti di mafia, come su tutti i delitti. È importante sapere cosa è accaduto prima di tutto per Cristina, per la sua famiglia, ma anche per noi».
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