Coronavirus, il turismo
Mascherina e plexiglass?
«Impossibile, cambio strada»

Andrea Camesasca ,vicepresidente dell’Associazione Albergatori, annuncia la svolta. «Le nostre strutture non possono diventare ospedali. Trasformerò il ristorante in una bottega»

«C’è una grande corsa alla riapertura, ma nel settore turistico-alberghiero non vedo le condizioni per tener fede a quella che è la nostra mission: soddisfare un piacere, offrire un’esperienza da assaporare a 360 gradi». Andrea Camesasca, vicepresidente dell’Associazione Albergatori di Confcommercio Como si fa portavoce delle perplessità di tanti colleghi, titolari di piccole e grandi strutture nel settore della ristorazione e dell’accoglienza.

«Dobbiamo poter lavorare in un’atmosfera di serenità per noi, per la clientela e per il nostro staff - sottolinea- Non possiamo coprire il sorriso del personale con una mascherina. Per altre attività può rappresentare un dettaglio ininfluente, ma per noi è il biglietto da visita, il primo approccio che deve far sentire subito a casa chi viene a trovarci».

La sicurezza

Camesasca introduce poi una riflessione sui protocolli di sicurezza post Covid 19. Secondo le prime linee guida che sta mettendo a punto la commissione di esperti nominata dal governo nei bar e ristoranti la distanza minima tra le persone dovrà essere di un metro e ottanta. Si parla anche di divisori in plexiglass sui tavoli che dovranno comunque essere opportunamente distanziati. E poi c’è un lunga lista di misure di carattere sanitario. Dai dispositivi per il personale alle cloche per il trasporto dei piatti dalla cucina ai tavoli. «Pur comprendendo la straordinarietà della situazione- sottolinea Camesasca- non possiamo trasformare i nostri alberghi in ospedali. E soprattutto i proprietari o i gestori non possono assumersi nuove responsabilità, visto che ne hanno già un elevato numero di adempimenti sia economici che fiscali, troppi rispetto i concorrenti oltre confine».

L’imprenditore tiene a chiarire che il settore non vuole certo far da freno alla ripresa dell’economia del territorio, che si basa non poco sul turismo. Nel 2018 solo il valore della domanda straniera è stato di ben 980 milioni di euro, il 65% della domanda totale del lago. Ma oggi alle condizioni difficili del lavoro si aggiungono le incognite sulle presenze di ospiti soprattutto esteri nei prossimi mesi, visto che le agenzie di viaggio sono ancora ferme come la mobilità. In vista di una stagione data da molti ormai per persa, Camesasca ha messo in campo altri progetti: il servizio delivery di box etichettati “Ecofrazione di Baggero”con prodotti del territorio e, a breve, la riapertura di quella che un tempo è stata la bottega dei genitori, con un’offerta di prodotti scelti, di elevata qualità.

«L’idea è di fornire, oltre all’offerta di ristorazione de Il Corazziere, un luogo dove si possano acquistare specialità tipiche e di grandi marchi italiani, insomma un ritorno alle radici dalle quali partì mio nonno nel 1919 La nostra è un’impresa familiare, il tessuto forte del Comasco che non vuole certo arrendersi davanti alle grandi difficoltà».

Il settore

La situazione è drammatica. Il settore dei pubblici esercizi - bar, ristoranti, pizzerie, catene di ristorazione, catering, discoteche, pasticcerie, stabilimenti balneari - «con 30 miliardi di euro di perdite è in uno stato di crisi profonda con il serio rischio di veder chiudere definitivamente 50.000 imprese e di perdere 300 mila posti di lavoro in tutta Italia» denuncia Fipe-Confcommercio spiegando che «già molti imprenditori stanno maturando l’idea di non riaprire l’attività perché le misure di sostegno per il comparto sono ancora gravemente insufficienti e non si intravedono le condizioni di mercato per poter riaprire».

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