Erba, reddito di cittadinanza per 107
Ma in 12 dovranno restituire i soldi
Gli accertamenti del Comune hanno rivelato carenza di requisiti per un caso ogni dieci. La segnalazione all’Inps
A Erba 107 residenti percepiscono il reddito di cittadinanza, ma uno su dieci non ha le carte in regola e dovrà restituire quanto incassato.
Dai dati di Palazzo Majnoni emergono le contraddizioni di un sistema che riversa sul Comune l’onere dei controlli: «Andrebbero fatti prima - dice il vicesindaco Erica Rivolta - e non funziona anche l’idea dei lavori socialmente utili: a Erba avevamo attivato otto progetti per i percettori del reddito, senza successo». Negli ultimi mesi gli uffici municipali hanno verificato 107 posizioni anagrafiche relative ai percettori del reddito: 12 casi - i dati sono aggiornati a pochi giorni fa - sono stati segnalati all’Inps per carenza dei requisiti richiesti. A questo punto l’Inps dovrà chiedere indietro i soldi già versati nei mesi precedenti. È il frutto di un sistema che prevede l’erogazione dei soldi prima ancora di verificare che tutto sia a posto.
Un chiarimento è necessario. Qui non si parla dei furbetti che vengono pizzicati dalla Guardia di Finanza a svolgere un lavoro in nero, ma di errori formali che nella maggioranza dei casi sono in buona fede. I controlli vertono sull’Isee (spesso non è aggiornato) piuttosto che sulla composizione del nucleo familiare (basta ad esempio che un figlio sia andato a vivere da solo per perdere del tutto o in parte il reddito).
Resta il fatto che in un città di 16mila abitanti ci sono più di cento persone che percepiscono il reddito di cittadinanza, di queste il 10 per cento non ne ha diritto. Il vicesindaco Rivolta, che si è interessata più volte del tema anche nelle vesti di senatrice, ha le idee molto chiare: «Non sto dicendo che le persone non vadano supportate mentre cercano un lavoro stabile - dice - il concetto è giusto. Ma per come è oggi, il sistema non funziona e il caso erbese è emblematico».
Il primo problema, osserva la senatrice, è procedurale. «Non è possibile che i controlli sulle dichiarazioni avvengano ex post, andrebbero fatti prima di iniziare a versare le mensilità. Lo dico anche a tutela dei percettori, persone che hanno commesso un errore in buona fede e si ritrovano dopo qualche mese a dover restituire dei soldi». Inoltre, continua Rivolta, «non è corretto che l’Inps riversi l’onere dei controlli sui dipendenti comunali». Qualche mese fa si parlava tanto dei Puc (Progetti utili alla collettività), pensati per far lavorare i percettori dei redditi a favore dei Comuni. Erba ne ha progettati otto attraverso il Consorzio servizi alla persona, ma nessuno è andato a buon fine.
(Luca Meneghel)
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