I fratelli Castagna e le Iene
«Basta fango, ora le querele»

Pietro e Giuseppe replicano alle insinuazioni della trasmissione di Italia 1sulla strage del 2006

Uno “speciale” che, di tale aveva soltanto il tentativo - neppure troppo celato - di sovvertire una verità giudiziaria passata in giudicato dopo essere stata al vaglio di decine di giudici. E così Pietro e Giuseppe Castagna, figli di Carlo scomparso lo scorso anno e che nella ormai famosa strage di Erba hanno perso la mamma, la sorella e il nipotino Youssef, hanno deciso di replicare con un post sui social alla trasmissione de “Le Iene” andata inonda martedì sera.

«A dodici anni da un dramma che ha strappato nel sangue la nostra famiglia, con anche il sacrificio della signora Cherubini e segnando per sempre le nostre vite - dopo 3 gradi di giudizio seguiti con dolorosa pazienza in ogni udienza, interrogatorio, analisi di prove; dopo 3 sentenze di colpevolezza ormai definitive; vorremmo solo vivere le nostre vite».

Strage che aveva riconosciuto colpevoli per ben tre volte Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicini di casa della famiglia Castagna. «Abbiamo sempre preferito il silenzio, cercando di imitare l’esempio di nostro padre - dicono i due fratelli - Tuttavia, da aprile dello scorso anno sino a ieri, siamo stati fatti oggetto di un’incredibile ed ingiusta campagna di sospetti, con azioni radio-televisive rivolte non ad una asserita verità e nemmeno ad un esercizio (sterile) di revisione di prove già spese ed a processi ormai esauriti, ma ad insinuare nel pubblico un sospetto infame su Pietro».

E aggiungono: «L’insinuazione, tanto più fintamente celata, è ancora più grave di una accusa plateale: semina il dubbio e rovina per sempre chi, così, è vittima due volte. Davvero: la calunnia è un venticello». Di qui l’intervento alla trasmissione di Franca Leosini («speravamo bastasse una volta per tutte») e la decisione di rivolgersi ai legali dopo la trasmissione de “Le Iene”. «Non si sono limitate ad una discutibile affermazione di innocenza, ma si sono abbandonate a subdole insinuazioni di colpevolezza, annunciate sin dai promo: inaccettabili, per la gravità assoluta del crimine anche solo avvicinato a Pietro. Crediamo con fermezza che le responsabilità si facciano valere nelle aule di Giustizia e questo vale per tutti. Per questo affideremo ai Giudici la valutazione su ogni affermazione diffamante, tanto più se insinuata: il dolore resta, ma il rispetto di ruoli, funzioni, lavoro e persone va difeso».

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