Il diktat di Benito Mussolini
«Sulle Alfa solo pezzi italiani»

Si può trovare online un vecchio carteggio tra l’ingegner Nicola Romeo e Benito Mussolini. Il dittatore il 9 giugno 1926 scrive all’ingegnere con villa a Magreglio di aver provato un’Alfa che andava molto bene ma di avervi trovato troppi pezzi stranieri.

Romeo non si fa impaurire però dal Duce e gli risponde per le rime: «Grazie per il richiamo che, se non meritato, mi dà tuttavia l’orgoglio di vedermi ricordato dal Duce».

Nonostante la risposta poco remissiva Mussolini mantenne i rapporti con la casa italiana che dal 1925 era in pratica controllata dallo Stato; nel 1935 richiese un’auto personalizzata, un’Alfa Romeo 6C 2300, che è stata battuta all’asta nel 2007 per oltre un milione di euro.

Insomma il rapporto tra Romeo e Mussolini fu duraturo nonostante quella lettera nella quale il dittatore scriveva: «Pregiatissimo ingegner Romeo, ieri tornando da Firenze ho guardato con attenzione gli strumenti della mia Alfa (che va, del resto, molto bene) e ho fatto le seguenti constatazioni: i magneti sono tedeschi, l’orologio è svizzero, la tromba (che non funziona) è francese. Non escludo che nell’interno ci siano altri “esotismi”. È così che si aiutano i prodotti nazionali? Non si fanno – dunque – in Italia magneti, orologi, trombe?».

Non è dato sapere se la reprimenda abbia poi sortito risultati e Romeo nelle sue prove delle auto sui tornanti del Ghisallo abbia testato nuove parti autoctone.Di certo l’ingegnere non ha perso tempo a rispondere: «L’Alfa Romeo media ha magneti italiani, così come la piccola sei cilindri in costruzione. Già da tempo sono state date istruzioni per applicare magneti italiani anche alle grosse macchine. Purtroppo non tutti gli italiani vogliono questi magneti e nell’esportazione è ancora più difficile».

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