Ospedali, code in pronto soccorso
Il Covid non c’entra: «Poco personale»

Ieri 145 pazienti in attesa nelle strutture comasche per mali di stagione, traumi e patologie varie - Asst: «Carenza cronica di professionisti, i posti nelle scuole di specializzazione per l’urgenza restano vuoti»

Como

I pronto soccorso tornano a riempirsi di pazienti, mancano però all’appello medici e infermieri.

Negli ultimi giorni il pronto soccorso del Sant’Anna e i reparti d’urgenza degli altri presidi provinciali sono sotto pressione. Dopo una nottata difficile ieri mattina erano presenti 145 pazienti nei pronto soccorsi comaschi, con un’attesa media a San Fermo di nove ore per un codice verde e di sei per un codice giallo.

In totale erano presenti 10 codici bianchi, 73 verdi, 52 gialli e 10 rossi. La maggior parte era al Sant’Anna, 70 casi, poi al Sant’Antonio Abate di Cantù, 39 pazienti, e al Valduce, 22, meno ai presidi di Erba, Gravedona e Menaggio.

Il motivo del forte afflusso di pazienti non è da addebitarsi al Covid: c’è un lieve aumento dei contagi, ma i ricoverati positivi restano confinati al Sant’Anna e sono in numero ridotto. Si tratta di pazienti che hanno comuni problemi di salute, traumi ed eventi acuti, ma anche riacutizzazioni e problemi che la stagione invernale potrebbe far emergere. Tra gli ospedalieri c’è il timore che un parziale ritorno della pandemia almeno tra i non vaccinati, sommato alle patologie influenzali, crei una nuova forte onda d’urto sui pronto soccorso.

Soprattutto perché c’è una cronica mancanza di personale. Lo certifica nero su bianco l’Asst Lariana: «i servizi di emergenza urgenza soffrono da anni una carenza di professionisti, aggravata ulteriormente dall’emergenza pandemica, i posti disponibili nelle scuole di specializzazione per la medicina di emergenza urgenza sono più numerosi dei giovani laureati che vi si iscrivono, il che significa che i medici di pronto soccorso sono sempre più rari».

Il carico di lavoro è intenso, i rischi alti. Vicino c’è la Svizzera che paga molto meglio. «Il risultato è che i numerosi e continui bandi pubblicati da Asst Lariana – spiega ancora l’ex azienda ospedaliera - per l’assunzione di professionisti non coprono tutti i posti disponibili così come accade in molte strutture del territorio regionale e nazionale».

Mancano internisti nei pronto soccorsi, anestesisti, ma anche reumatologi e nefrologi, i reparti di cardiologia e dermatologia sono in affanno. La stessa denuncia è stata lanciata anche dai vertici di Ats Insubria.

«La carenza dei medici c’era già prima del Covid in tutta la Lombardia, la pandemia ha peggiorato le cose – spiega Riccardo Bertoletti, direttore sanitario del Valduce – la mancanza di personale nei pronto soccorso è più accentuata. Il lavoro è più pesante e spesso è di poca soddisfazione. Negli ultimi giorni abbiamo registrato un ritorno di tante patologie nell’emergenza urgenza, affacciandoci ad una stagione delicata. Nelle linee guida nazionali e regionali ci sono molti progetti e finanziamenti per infrastrutture e nuovi servizi. Mancano però i professionisti per fare funzionare la nostra sanità».

La Regione intende per esempio costruire dei nuovi ospedali di comunità nei vecchi presidi ospedalieri e nelle ex Asl, con una nuova immissione di infermieri, professionisti che però al momento non si riescono ad assumere. «Gli specialisti non bastano per recuperare il terreno perso durante il Covid ed erogare più prestazioni sanitarie – dice ancora Bertoletti – è difficile così eliminare le liste d’attesa. Anche la medicina territoriale soffre la carenza dei medici di famiglia».

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