«Crollo di fiducia
con Rumi in corsia»

Pubblicate le motivazioni della sentenza del lavoro che ha fatto risparmiare al Sant'Anna 1,6 milioni di euro, ovvero quanto richiesto nella causa dall'ex primario di chirurgia

Se il Sant’Anna avesse rimesso Angelo Rumi in chirurgia, così come chiesto dallo stesso primario, «sarebbe stato preventivabile un crollo della fiducia dell’utenza nei confronti del reparto». A scriverlo, nelle motivazioni della sentenza che ha rigettato quasi tutte le istanze presentate con l’ospedale di via Napoleona, è il giudice del lavoro Barbara Cao. Il magistrato, nello spiegare i motivi per i quali era impossibile accogliere la richiesta di risarcimento danni per demensionamento presentata dall’ex primario di chirurgia, ha sottolineato come «non possono dirsi arbitrarie le ragioni che hanno indotto l’azienda ospedaliera, che svolge un’attività pubblica di estrema delicatezza e rilevanza nei confronti della collettività», a non riassegnare a Rumi «il suo ruolo originario allo scadere della sospensione cautelare» dal lavoro. Un eventuale ritorno del chirurgo in reparto, infatti, secondo il giudice avrebbe causato «un crollo della fiducia» da parte dei pazienti «all’indomani del dato oggettivo per cui egli era stato condannato in primo grado alla pena di cinque anni e quattro mesi di reclusione per la commissione di sette omicidi colposi, tutti avvenuti proprio nell’esercizio dell’attività medico-chirurgica cui aspirava ad essere riammesso».
E dopotutto, secondo quanto emerge dalle motivazioni di una sentenza di lavoro che ha fatto risparmiare al Sant’Anna 1,6 milioni di euro, lo stesso primario - attualmente in aspettativa - avrebbe espresso al consulente tecnico del giudice, incaricato di stabilire il suo stato di salute, «il suo senso di inadeguatezza a riprendere» le mansioni originarie. Nel corso degli incontri tra il consulente e il medico pavese, infatti, quest’ultimo «pareva più disturbato dal fatto che» il Sant’Anna «non fosse giunto con lui a un’intesa su una sospensione concordata con pagamento integrale dello stipendio, piuttosto che sul demansionamento».
Con la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, ora a Rumi non resta che fare ricorso.

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