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Domenica 24 Gennaio 2010
Scuola, i debiti di Roma
li pagano le famiglie
Hanno accumulato crediti per quasi 14 milioni. I soldi, però, continuano a non arrivare. Anzi, beffa nella beffa, il budget per il 2010 a disposizione delle scuole comasche ha subito un drastico taglio. E le risorse attese da anni non possono comparire nel bilancio, ma vanno inserite alla voce «disponibilità da programmare»
COMO Hanno accumulato crediti per quasi 14 milioni. I soldi, però, continuano a non arrivare. Anzi, beffa nella beffa, il budget per il 2010 a disposizione delle scuole comasche ha subito un drastico taglio. Non basta? C’è un’altra novità: le risorse attese da anni non possono comparire nel bilancio, ma vanno inserite alla voce «disponibilità da programmare». Un modo per dire che, in sostanza, quei fondi non arriveranno mai. I presidi, così, sono costretti a chiedere aiuto sempre più spesso alle famiglie. Alle superiori aumenta il cosiddetto «contributo volontario». La carta si porta da casa. E anche gli istituti comprensivi devono fare appello a mamme e papà per poter acquistare il materiale didattico.
LA DOCCIA FREDDA A far gelare il sangue di presidi e direttori amministrativi è stata la nota del ministero dell’Istruzione numero 9537. Oggetto: «Programma annuale per l’anno 2010». La circolare comunica alle «istituzioni scolastiche» l’ammontare della «risorsa finanziaria» su cui possono fare affidamento. E il numerino riportato alla quarta riga parla chiaro. Le risorse statali sono poche (secondo la Uil si tratta mediamente di seimila euro in meno a ogni scuola) e per di più dovranno bastare per tutte le «voci di spesa». Gli istituti, ammonisce la nota, «non potranno iscrivere ulteriori importi in entrata a carico di questa direzione», salvo casi eccezionali come la necessità di retribuire personale supplente, ma solo a fronte di assenze superiori alla media nazionale per tipologia di scuola e «previa verifica dell’inderogabilità» del fabbisogno. I presidi, peraltro, hanno fatto un salto sulla sedia anche leggendo le ultime righe della comunicazione firmata dal direttore generale per la politica finanziaria, laddove si dice che i cosiddetti «residui attivi», cioè i crediti che le singole scuole vantano nei confronti del ministero (soldi anticipati dagli istituti e stornati da altre voci) non possono essere trattati come una componente attiva del bilancio, ma vanno inseriti in un fantomatico «aggregato Z», come «disponibilità da programmare». Un diktat che da molti è stato interpretato come l’anticamera della radiazione. Lo Stato, insomma, deve 14 milioni alle scuole (debiti accumulati per lo più tra il 2005 e il 2008), ma vieta persino di inserirli nel documento di programmazione annuale. Il Pessina, per fare un esempio, rischia quindi di dire addio ai 600mila euro che ancora attende (alla Ripamonti e alla Magistri ne spettano 400mila).
SOLDI DALLE FAMIGLIE Di fronte a un quadro del genere, i dirigenti scolastici non possono far altro che appellarsi alle famiglie. I contributi versati all’inizio dell’anno sono ormai indispensabili per garantire il normale funzionamento degli istituti e l’entità delle richieste inevitabilmente aumenta. Alle superiori si oscilla tra 50 e 130 euro, cifre che consentono almeno di tamponare qualche emergenza, mentre non possono contare certo su entrate così consistenti i presidi degli istituti comprensivi, ancora più in difficoltà. A Como Borghi, per esempio, sono stati chiesti 25 euro (per l’acquisto di materiale didattico, per i laboratori e i progetti formativi), mentre Como Borgovico ha dovuto aumentare di 90 centesimi rispetto all’anno scorso il costo di ogni singolo buono pasto (le famiglie spendono in media 65 euro in più all’anno) per poter assicurare la sorveglianza in mensa. Mancano i soldi anche per le necessità più banali, tanto che all’asilo di via Briantea sono stati i genitori a dover comprare i rotoli di carta da utilizzare come tovaglioli o bavaglini. La Leonardo da Vinci, nel giugno scorso, aveva invece ipotizzato di far pagare alle famiglie i corsi di recupero per i ragazzi con una o più insufficienze.
Michele Sada
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