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Giovedì 28 Gennaio 2010
Medaglie agli schiavi di Hitler
I risarcimenti però non arrivano
Al posto dei deportati, gli eredi nel salone di Villa Olmo, per ritirare la medaglia, consegnata dal prefetto Michele Tortora agli ex deportati che ne hanno fatto richiesta alla presidenza del Consiglio dei ministri e che hanno superato il vaglio dell’apposita commissione istituita due anni fa
Sul palco una trentina di sindaci della Provincia e nelle prime cinque file della platea gli "insigniti". L’elenco comprende 66 uomini e una donna (Ines Figini, anche lei ex operaia della Ticosa, già premiata con l’Abbondino d’oro) che tra l’8 settembre del ’43 e la fine della guerra furono sfruttati dalle fabbriche tedesche come lavoratori coatti. Due di loro hanno avuto l’entusiasmo e la forza di andare a Roma alla cerimonia nazionale, gli altri sono tutti qui, chi si persona, chi rappresentato la vedove o figli. L’emozione è palpabile, qualcuno è arrivato con due ore d’anticipo. È più di una semplice celebrazione. «Abbiamo riaperto una pagina della storia italiana - afferma Valter Merazzi, direttore dell’Istituto di storia contemporanea Perretta-centro di ricerca Schiavi di Hitler, che ha organizzato la giornata assieme a Prefettura e Comune -. Già il fatto di ricevere questa medaglia nel Giorno della memoria è significativo: di solito si ricorda solo la prima parte della legge istitutiva, quella sulla Shoah, stavolta invece viene sottolineato il sacrificio di 800mila italiani che, rifiutandosi di aderire alla Rsi, furono internati nei lager del Terzo Reich». Da 11 anni l’Istituto Perretta si sta battendo perché venga riconosciuta la «resistenza senz’armi» degli schiavi di Hitler. Da solo ha raccolto il 10% delle 134.000 domande di risarcimento presentate a livello nazionale. Appena 3.000 quelle accolte dalla Germania, «nonostante - sottolinea Merazzi - abbiano lavorato gratis per fabbriche che ancora esistono». Le medaglie di ieri, e le 58 assegnate nel 2009, per gli storici sono un contentino. Per chi le ha ricevute, molto di più.
Pietro Berra
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