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Mercoledì 24 Febbraio 2010
Giacomo, l'addio più lungo
«Basta giudizi, solo preghiere»
Ventidue giorni dopo, Brambilla se ne va, chiuso in una bara destinata al cimitero di Lipomo. Attorno ad essa, accanto ai fiori e alle corone, ci sono tutti quelli che dovevano esserci: ci sono il figlio e la ex moglie, c'è la sua compagna, c'è suo fratello Gabriele, c'è la mamma ma c'è soprattutto il padre Luigi, l'uomo che oggi è costretto a riprendersi un testimone che mai avrebbe voluto ritrovare sul suo cammino
Oggi, nella parrocchia di Lipomo, il giudizio è sospeso. Il tempo delle sentenze verrà più avanti, come più avanti verrà il tempo per interpretare, decifrare, forse anche quello per punire. Oggi no, dice il parroco don Mario Moiola, non in una chiesa zeppa di amici, di parenti, uniti dal solo desiderio di poter piangere, finalmente, la morte di Giacomo, ucciso e sezionato, a soli 42 anni, nel retrobottega dell'armeria più famosa d'Italia. «A tutti voi - scandisce il sacerdote dal suo pulpito - chiedo solo di mettere sotto silenzio le molte voci, le illazioni e i giudizi precari per lasciare spazio alla preghiera».
Ventidue giorni dopo, Brambilla se ne va, chiuso in una bara destinata al cimitero di Lipomo. Attorno ad essa, accanto ai fiori e alle corone, ci sono tutti quelli che dovevano esserci: ci sono il figlio e la ex moglie, c'è la sua compagna, c'è suo fratello Gabriele, c'è la mamma ma c'è soprattutto il padre Luigi, l'uomo che oggi è costretto a riprendersi un testimone che mai avrebbe voluto ritrovare sul suo cammino. Per chi lo conosce, per i tanti comaschi che lo hanno conosciuto - per quelli che ancora ieri ricordavano dei giorni tristi spesi al capezzale di un proprio caro al Valduce senza mai pagare il posteggio che lui regalava con quei suoi modi spicci al tempo in cui gestiva il distributore in viale Lecco - per tutti è stato come se non fosse passato un giorno, come se gli anni non se ne fossero andati mai, come se il dolore non l'avesse davvero annientato. Luigi Brambilla ascolta le parole del sacerdote senza mai chinare il capo, oggi come allora. Davanti a lui c'è la bara in legno chiaro di suo figlio, coperta da un cuscino di rose bianche. Tre passi più avanti, accanto all'altare, c'è un cartello scritto con vernice blu: «Gesù sceglie l'amore». «Nella parole di Dio - dice don Mario - non sempre troviamo le risposte alle nostre domande. Eppure la sua parola illumina sempre la nostra mente e consola il nostro dolore, anche di fronte a una morte violenta... La vita va oltre la morte, la vita è più forte della morte». Ma se il giorno dei giudizi è sospeso, non può esserlo quello del perdono, concetto cui il sacerdote fa riferimento quando ricorda che «la misericordia dà pace». Come sfuocati, dietro alle sue parole, lontano da qui e da questa chiesa, ci sono gli altri, quelli che don Mario chiama «gli assenti», anche loro - dice - «provati dal buio»... L'invito, rivolto a Dio, è quello di non abbandonare nessuno e di «dare a loro e a tutti la forza di capire».
St. F.
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