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Lunedì 10 Maggio 2010
Via Indipendenza: l'altra
faccia della movida
Como: mentre infuria il dibattito sulla chiassosa "dolce vita" cittadina, mezza strada in pieno centro è morta, letteralmente: non resta neppure un negozio aperto, solo vetrine spente, alcune anche da molti anni, una parte è precipitata nel buio più completo di lampioni da ormai molti giorni senza che vi venga posto rimedio
COMO Mentre infuria il dibattito sull'esistenza e la consistenza di questa famigerata movida che tanto scalda gli animi, come era già successo qualche tempo fa con una parte via Adamo Del Pero, anche mezza via Indipendenza è morta, letteralmente: non resta neppure un negozio aperto, solo vetrine spente, alcune anche da molti anni, una parte è precipitata nel buio più completo di lampioni da ormai molti giorni senza che vi venga posto rimedio. Come a New York: Broadway, una strada tra le più conosciute, è bellissima nell'Upper West Side ma è altrettanto poco raccomandabile quando attraversa il Bronx. Ma lì stiamo parlando di una delle chilometriche arterie principali della città più estesa degli Stati Uniti. Com'è possibile che, nel pieno centro della piccola Como, periodicamente ci siano vie che “appassiscono” nell'indifferenza generale? Eppure è così.
L'ultimo negozio ha chiuso, meglio, si è trasferito in una strada vicina. L'albergo ristorante Piazzolo e l'attiguo pub irlandese sembrano lì lì per riaprire ma restano ben chiusi.
L'interno del Sipario, un bel lounge bar inaugurato in tempi abbastanza recenti ma che non è mai riuscito a imporsi, è nascosto da pagine di giornali vecchi: ma lì dentro si rinfresca e potrebbe riaprire a breve. Non è così, invece, per un negozio che ci ricordiamo specializzato in acquari e vivai, se la memoria non inganna (e potrebbe ingannare perché ha accumulato ormai la polvere dei decenni), e per la tintoria Guerci di cui è rimasta solo l'insegna a ricordarci cos'era, altrimenti non sarebbe altro che una saracinesca perennemente abbassata. Defunto il negozio di abbigliamento giovanilistico, trasferito il laboratorio orafo, più nulla. All'angolo con via Diaz c'era un bar che certo non si può accusare di fomentare la “movida”: è morto assieme al cinema Centrale in un ormai troppo lontano 1997.
Almeno lì si sa cosa accadrà: un progetto dell'architetto Ubaldo Castelli prevede il recupero della facciata neoclassica, un portico coperto al piano terra con due negozi, due locali destinati a uffici al primo piano, otto appartamenti ai livelli superiori. E ce n'è anche per la disertata via Indipendenza: un piccolo garage per una dozzina di posti auto. Sperando che quel progetto rivitalizzi l'intera zona a meno che i locali non trovino ancora prima nuovi capaci gestori (che poi dovranno scontrarsi con la voglia di sonno dei residenti: non è un buon momento per darsi alla ristorazione in città). Per adesso, in città murata, mezza via è morta, l'altra metà è una delle più frequentate e commerciali. E se di notte è tutto tranquillo, anche troppo - ma il vociare da via Diaz squarcia il sepolcrale silenzio - è anche dannatamente buio e ci vuole un bel coraggio a percorrere l'ultimo tratto, quello che di negozi non ne ha mai avuti, quello che costeggia la biblioteca, quello dove l'illuminazione non c'è più ma sembra non importare a nessuno.
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