Dalla strage di via Diaz a Rumi
Quello che non leggerete più

La legge bavaglio del ministro Alfano: ecco tutto quello che non avreste mai letto delle cronache comasche con la riforma al vaglio in Parlamento. Un danno grave per il diritto a conoscere e a essere informati

COMO - Ibs chi? Se il silenziatore auspicato dal ministro Alfano fosse già montato su penne e microfoni dei cronisti, forse oggi ci sarebbe ancora chi affiderebbe i propri risparmi ai guru falliti della Ibs Forex, la finanziaria evaporata con un buco milionario (il denaro dei propri clienti) nell'agosto dello scorso anno. Il disegno di legge sulla riforma delle intercettazioni, il cui dibattito al Senato - salvo mal di pancia dell'ultimo minuto - è in calendario per domani, cancellerebbe di fatto anche la cronaca giudiziaria locale. Niente articoli, dunque, sul crack Ibs Forex. Un danno, oltre che per il diritto a conoscere e ad essere informati, anche per decine e decine di risparmiatori i cui esposti presentati in procura iniziavano, quasi fosse un mantra, con la stessa frase: «Abbiamo appreso da notizie di stampa...». Senza le notizie di stampa, niente denunce.

Silenzio, o quasi, anche sui recenti e clamorosi casi di cronaca nera. Dell'omicidio di Antonio Di Giacomo, freddato con due colpi alla testa in un appartamento di via Cinque Giornate, avreste letto del ritrovamento del cadavere e, un mese più tardi, dell'arresto dei due sospettati. Del movente, delle modalità, dei retroscena di un fatto di cronaca allucinante neppure l'ombra. Sorte analoga per il delitto dell'armeria Arrighi, di cui avreste letto - e vi avremmo potuto raccontare - dell'arresto di due persone senza però essere in grado non solo di spiegare i retroscena di un fatto di sangue che ha sconvolto la città, ma anche di dare atto delle indagini difensive compiute per alleggerire le posizioni degli indagati. Il motivo di tanto silenzio è da ricercare nella riesumazione di una frase, cassata lo scorso anno e tornata in auge alla vigilia del dibattito in aula sul testo della legge, che recita: è «vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto o nel contenuto, di atti di indagine preliminare, nonché di quanto acquisito al fascicolo del pubblico ministero o del difensore, anche se non sussiste più il segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare».

Uno spiraglio, minimo, lo offre l'emendamento che autorizza la pubblicazione (per riassunto) delle ordinanze di custodia cautelare (quando eseguite), con l'eccezione dei passaggi legati alle intercettazioni telefoniche. Un esempio: della strage di Erba avremmo potuto raccontarvi del ritrovamento di quattro persone uccise e di una quinta in fin di vita, ma nulla delle modalità, dei sospetti, degli atti d'inchiesta, fino al mese successivo, quando Rosa e Olindo sono finiti in cella. Per non parlare del delitto di Mariarosa Albertani, a Cirimido: la sorella - unica indiziata per quell'omicidio - è finita in cella mesi dopo il ritrovamento del corpo e mesi dopo avreste potuto leggere dei sospetti, dell'inchiesta, delle modalità della morte.
Ma se - più poi che prima - le inchieste con arrestati potrebbero anche finire (seppure mutilate) sulle pagine di cronaca, non ci sarebbe proprio nulla da fare per quelle inchieste che non sfociano in arresti. È il caso - tanto per fare un esempio - della presunta maxi truffa ordita (secondo l'accusa) dal guru dell'anoressia Waldo Bernasconi. Di quell'indagine (che proprio grazie alle notizie pubblicate dai giornali ha convinto tante ragazze a farsi coraggio e denunciare) ne avreste letto con due anni di ritardo. Oppure la maxi inchiesta sugli spalloni di valuta protagonisti della fuga di milioni di euro dall'Italia alla Svizzera: sarebbe tuttora un mistero assoluto, essendo l'udienza preliminare ancora molto lontana.

Nulla avreste letto - e avremmo raccontato - delle morti sospette all'ospedale Sant'Anna: giusto un accenno il giorno dell'arresto di Angelo Rumi, poi silenzio per tre interminabili anni. Con buona pace per il diritto degli utenti dell'ospedale - tutti noi - a conoscere le gravissime accuse rivolte a un primario del principale ospedale pubblico cittadino.
E, a proposito di fatti di interesse pubblico, l'ex vicepresidente della Provincia nonché vicesindaco di Como Francesco Cattaneo si sarebbe dovuto preoccupare di giustificare - anche politicamente - un'inchiesta a suo carico per aver falsificato la richiesta dei rimborsi spese a Villa Saporiti con quasi un anno di ritardo, rispetto a quanto accaduto.
Bavaglio totale, dunque. E senza neppure prendere in considerazione il passaggio legato alle intercettazioni telefoniche, la cui pubblicazione, anche per riassunto, è sempre vietata. Con buona pace - tanto per fare un esempio - per l'inchiesta su Azouz Marzouk e gli spacciatori di Erba. E per il diritto a informarci e per essere informati.
Paolo Moretti

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