Banche, mafia e inchieste

Ci sono inchieste di cui non si potrebbe parlare e altre che non esisterebbero neppure. Nel disegno di legge sulle intercettazioni ci sono limitazioni di non poco conto sulla possibilità, per gli inquirenti, di fare le indagini

COMO - Ci sono inchieste di cui non si potrebbe parlare e altre che non esisterebbero neppure. Nel disegno di legge sulle intercettazioni ci sono limitazioni di non poco conto sulla possibilità, per gli inquirenti, di fare le indagini. Anche quelle che potrebbero poi sfociare in fascicoli di competenza della direzione distrettuale antimafia. Con il disegno di legge già approvato, i magistrati di Palermo non avrebbero mai scoperto (grazie alle intercettazioni telefoniche svolte da Como) i 13 milioni di euro che secondo gli inquirenti sarebbero «provenienti dai delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso». Soldi partiti da Palermo, passati da Como, terminati a Lugano e da qui spediti verso i paradisi fiscali.
Tra il 2005 e il 2007 il nucleo di polizia tributaria di Como prima e la direzione investigativa antimafia poi erano incappati in numerose conversazioni tra il funzionario di banca Arner Nicola Bravetti e un misterioso "Moro", poi identificato in Francesco Zummo, personaggio noto all'antimafia per i rapporti con la criminalità organizzata e per i contatti con l'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino. Un'inchiesta che la legge Alfano avrebbe affondato sul nascere.

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