Quande le Ferrovie Nord
avevano il bar sul treno
Adesso per arrivare da Milano ad Erba, o viceversa, occorre un'ora e un quarto (quando i ritardi non si assommano ai ritardi) con malinconici disagi e scomodità. Ma all'inizio del secolo scorso i viaggiatori potevano intrattenersi prendendo un caffè, o un aperitivo
Una signora di Erba, Elda Sangiorgio Veronelli, ci ha messo a disposizione una fotografia che, pur parzialmente, racconta la storia del bar sui convogli delle Ferrovie Nord Milano. Elda è una delle figlie di Attilio Sangiorgio, decenni fa conosciuto come "el Tili di Mungôzz" che per tanto tempo, fino poco dopo la guerra, ha fatto il macchinista delle locomotive a vapore delle Nord.
L'immagine ritrae i camerieri del bar di prima classe ai finestrini del vagone agganciato alla locomotiva. È un convoglio appena giunto da Milano a Erba, in un pomeriggio dei primi anni Trenta. Elda Sangiorgio racconta che suo padre diceva che il "sevizio bar" ha funzionato fino al 1936. Poi i dirigenti hanno capito che il bar era un lusso. I treni erano ormai pieni di pendolari. Già era difficile trovare un posto a sedere. Non c'era spazio per il bar. Cambiava un'epoca. Il treno che da Milano arrivava a Erba, poi ad Asso, non era più il mezzo indispensabile per condurre comodamente la gente milanese ricca e importante negli ameni luoghi di villeggiatura e di campagna come quando, nel 1879, il primo convoglio giunse a Erba. La linea inaugurale delle Nord fu proprio la Milano-Erba Incino perché ad Erba Alta era il più ricco luogo di seconda residenza della nobiltà e della grande borghesia meneghina. E proprio per questa abbiente società fu progettata e costruita la linea ferrovia, non certo per i pendolari che ancora non c'erano. Poi il regicidio di Monza, nel 1901, mutò radicalmente il vento e il bel mondo delle famiglie legate ai Savoia abbandonarono la Brianza. Anche per Erba cominciò il declino. Comunque il treno continuò il suo egregio andare avanti e indietro consolidando i legami tra l'Alta Brianza e Milano. Gli utenti però erano molto diversi da quello di quarant'anni prima. Tuttavia al bar di prima classe i camerieri in giacca bianca e farfallino, continuavano a servire vermout, caffè, e quel famoso bitter "Tramway" già tanto di moda negli anni dell'unità d'Italia ed inventato in onore dell'ippovia Milano-Monza, come scrive Franco Ogliari nel suo libro "Quando una gita costava due soldi". Poi il fascismo che odiava le parole inglesi, cancellò il nome del famoso aperitivo e con esso chiusero anche i bar sui treni delle Nord.
Quando saltano fuori vecchie immagini degli ormai dimenticati "bei tempi" del treno a Erba diventano atroci i confronti con la situazione attuale della stazione che sembra sempre più abbandonata a se stessa, con un solo addetto che deve fare tutto, con l'altoparlante che dice: "Vietato attraversare i binari" e non c'è il sottopassaggio. Eppure la stazione di Erba è una di quelle che dà un bel lavoro alla ferrovie. A contribuire a mortificare i miei sentimenti di erbese, magari anche un po' campanilisti, è l'osservare gli imponenti lavori che le Nord in queste settimane stanno dedicando alla stazione di Mariano Comense e ad altre lungo la linea: pensiline, sottopasso con ascensore, molte altre innovazioni e comodità. Alla stazione di Erba niente. Era stata chiusa anche l'edicola. Meno male che per vendere i giornali ci hanno pensato i gestori del "Caffè Stazione", l'unica decente realtà rimasta in stazione.
Emilio Magni
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