Cantù: trecento cresimandi
a San Siro con il cardinale

La grande festa diocesana 2010 allo stadio di Milano. Tettamanzi: «Speriamo che, come i pani e i pesci del Vangelo, la generosità si moltiplichi nel cuore di questi ragazzi. Che non ci sia egoismo, chiusura, ma i valori per gli altri»

CANTU' Il saluto è un boato che parte dagli angoli di San Siro e arriva fino al terzo anello. Il cardinale Dionigi Tettamanzi, mentre attraversa il campo da calcio, ha un momento di commozione. Gli occhi, per qualche secondo, si fanno lucidi. L'arcivescovo di Milano si sbraccia nell'ideale tentativo di salutare tutti. Anche i trecemto canturini e i marianesi, arrivati al «Meazza» con la pettorina blu e lo zainetto in spalla, per la grande festa diocesiana 2010 per i cresimandi. Vicino al settore cinque del secondo anello, anche loro fanno come gli altri 50mila: appena il cardinale entra in campo, gridano e battono le mani. Poi, il silenzio, con l'aria muta dello stadio che si prepara a caricarsi di riflessioni.
La giornata di canti (compresi alcuni classici del rock), balletti da coreografie mundial (con centinaia di figuranti che saltano fuori da ogni parte con drappi e ombrelli) e preghiere, inizia dopo un pranzo festivo anticipato. L'appuntamento, per le parrocchie canturine, è alle 13.30. Sul piazzale di via Brighi partono i bus della comunità pastorale di San Vincenzo, alla stessa ora in cui si spostano i ragazzi della Madonna delle Grazie, quale è adesso il nuovo nome per i campanili delle frazioni. Caldo agostano e cielo azzurro, sopra gli autobus in colonna già all'uscita della tangenziale ovest. Fuori dal «Meazza», è un tripudio di striscioni e cartelloni. Ragazzi con famiglie che arrivano in anticipo anche di un paio d'ore buone, per l'incontro fissato alle 17. Un quarto d'ora prima, nel salone dei ricevimenti al piano terra dello stadio, il cardinale incontra i malati uno ad uno. Molti sono bambini, alcuni di loro in carrozzella. Tettamanzi chiede a tutti il nome, stringe la mano, fa una carezza. A ciascuno, lascia in regalo un piccolo astuccio di velluto porpora. Atmosfera intima, nel grande evento. L'arcivescovo è assediato dai flash dei fotografi. Davanti alle telecamere, spiega. «I giovani fanno il tifo per una squadra o per l'altra - il commento del cardinale - oggi, la situazione è ribaltata. Perché c'è qualcun altro che tifa per loro. Ed è Gesù, che chiama tutti attraverso l'arcivescovo. E' una gioia straordinaria. Mi sembra di vedere una realtà viva, una chiesa giovane ed entusiasta». Centra il suo intervento proprio sui cresimati. «Sono ragazzi che devono essere stimati, amati. La chiesa garantisce per loro, e dà un input importante per coinvolgere tutta la società». Conclude con un auspicio. «Speriamo che, come i pani e i pesci del Vangelo, la generosità si moltiplichi nel cuore di questi ragazzi. Che non ci sia egoismo, chiusura, ma i valori per gli altri».
La liturgia, momento centrale e conclusivo della giornata a San Siro, a tratti ha il piglio del dialogo tra i ragazzi e il cardinale. Fil rouge, il cammino dei cento giorni di preparazione alla cresima. «Chissà quante persone speciali avete incontrato. In questo periodo, ma anche nella vita di tutti i giorni - ricorda il cardinale - ogni incontro è un momento prezioso, un riflesso dell'incontro con Gesù». E la richiesta finale, sotto forma di desiderio collettivo. «Carissimi, preghiamo ora lo Spirito Santo perché renda possibile il miracolo del moltiplicare il poco che siamo nel tanto che vogliamo diventare».

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Eco di Bergamo La festa dei cresimandi