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Martedì 15 Giugno 2010
La legge bavaglio inguaia
anche un'azienda canturina
Per la Sio, un'azienda che si occupa di fornire apparecchiature per le intercettazioni, la stretta del provvedimento è un duro colpo. Ma a preoccupare ancora di più, sono quei soldi che non arrivano mai da Roma. «Aspettiamo 35 milioni di euro», spiega il presidente e amministratore delegato
Da emergenza. Anche perché, a libro paga, ci sono un centinaio di dipendenti. «Per andare avanti, sto impiegando risorse personali - aggiunge Cattaneo - fortuna che per il momento le banche ci sostengono, ma solo perché c'è di mezzo lo Stato. Questa situazione è intollerabile, non può durare in eterno. E nel settore delle intercettazioni, l'intero sistema è ormai al collasso». Non ne fa una questione politica, Cattaneo. «Tanto - nota - le intercettazioni sembrano non piacere né alla destra, né alla sinistra». Ragiona da imprenditore brianzolo. In modo pratico, dati alla mano e calcolatrice sulla scrivania. Dice che i conti che non tornano. «Le intercettazioni, che oggi sembrano quasi disprezzate persino dai ministri, sono uno strumento fondamentale per le indagini - ricorda - in tivù raccontano che c'è un intero Paese sotto controllo. Ma non è assolutamente vero. Poi, quando si portano a casa 12 miliardi di beni sequestrati alla criminalità organizzata, sono tutti pronti a mettersi in vetrina. E' come andare al ristorante, sputare nel piatto in cui si è mangiato, e ritornarci senza mai pagare il conto». Altra questione, è se l'Italia è davvero un paese di intercettati come si dice. «Nel 2009 i "bersagli" intercettati sono stati 132.384. "Bersaglio" non vuol dire persona ma cellulare, telefono, cordless, e-mail, chat, facebook. A noi, per intercettare una persona, in media sono necessari almeno cinque "bersagli". Quindi, significa che le persone intercettate sono circa 26.500. Considerato che l'80% sono pregiudicati, non mi sembra una cifra così enorme».
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