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Sabato 26 Giugno 2010
Cantù, la protesta degli stranieri
"Fatichiamo a essere accettati"
Rappresentano il 9,21% del totale e, all'attuale ritmo, in pochi mesi
raggiungeranno la soglia del 10%. Si tratta dei cittadini non italiani, che però a Cantù si lamentano di problemi di integrazione sociale: "E dobbiamo pensare alle prossime generazioni, ovvero ai figli degli immigrati"
E' recente la notizia che Cantù ha superato da poco i 39mila abitanti. Grazie al "boom" delle residenze di cittadinanza non italiana. Gli stranieri che vivono nella città del mobile oggi sono 3.614. Rappresentano il 9,21% del totale. E, all'attuale ritmo, in pochi mesi raggiungeranno la soglia del 10%. Come vivono questa nuova situazione gli stessi stranieri, lo dicono i rappresentanti di alcune comunità ben presenti tra le mura di Cantù. Il loro punto di vista, in estrema sintesi, si può racchiudere in pochi concetti. I pregiudizi più pesanti sono ormai superati. Ma c'è da costruire parecchio sulle nuove generazioni. E sulla condivisione del tempo libero con gli italiani. In questo caso, dovrebbero essere le istituzioni a dare il buon esempio. Ma non sempre - per non dire, quasi mai - succede.
Amadou Gueye è un volto noto, a Cantù. Attivissimo con l'associazione Teranga, che raduna i senegalesi della provincia di Como. La base è in città. E Cantù non manca di offrire qualche spunto di riflessione. «Noi partecipiamo volentieri alle manifestazioni organizzate a Cantù, dove spesso ci sono tanti italiani - l'appunto di Gueye - peccato che, quando siamo noi a preparare qualche festa, nella maggior parte dei casi ci siano soltanto stranieri. Dispiace che le istituzioni, a partire dal governo di questa città, non si vedano quasi mai. Sono convinto che la loro presenza aiuterebbe a far partecipare più italiani. E se siamo comunque in ottimi rapporti con gli italiani e gli stranieri di altre comunità, c'è da lavorare molto sulla seconda generazione: i figli degli immigrati». Ezzedine Akkari, presidente dell'associazione tunisina "XX Marzo", punta proprio sull'integrazione tra i minorenni. «I bambini stranieri nelle scuole sono tanti - ricorda Akkari - e sulla seconda generazione stiamo pensando di fare degli incontri mirati. Di buono, c'è il fatto che molti canturini, comunque, hanno capito che in Italia si arriva per trovare lavoro, e guadagnarsi la pagnotta. Non vanno bene, invece, le aggressioni politiche. Quel numero verde per denunciare i clandestini mi sembra che non sia servito a niente. Forse era meglio mettere a disposizione un numero per le famiglie disagiate».
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