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Giovedì 26 Agosto 2010
Due Luini sconosciuti
(ri)scoperti in Duomo
Un lavoro di intelligence da parte di un pool di storici dell'arte ha permesso di ritrovare nel Duomo di Como e nel Palazzo vescovile opere d'arte di grande valore e pressoché ignorate, che verranni esposte in una mostra alla Pinacoteca cantonale «Giovanni Züst» di Rancate, in Canton Ticino
«È una storia veramente bizzarra - racconta il professor Agosti - Tutto è partito da una collezione di immagini di quadri di San Sebastiano lasciata nella prima metà del secolo scorso da Luigi Vittorio Fossati Bellani, monzese e grande appassionato d'arte, all'Istituto tedesco di Firenze. Tra queste immagini c'era anche la foto di un San Sebastiano con sotto la scritta a matita "Luini - Duomo di Como". Una vera sorpresa: il quadro è sempre stato lì e forse nelle pubblicazioni locali è anche stato riprodotto, ma certo non è nei libri sul Luini, e nessuno di noi se lo ricordava fra le opere del Duomo di Como». Ma don Lorenzo Bataloni, l'arciprete della cattedrale, interpellato, conferma agli studiosi che la tela si trova sull'altare della Passione, il secondo a sinistra, con un San Cristoforo sempre del Luini. «Un po' come nella "Lettera rubata" di Poe: erano sotto gli occhi di tutti, ma nessuno li vedeva, benché siano alti ben quattro metri», chiosa il professor Agosti.
Opere incredibilmente «dimenticate per tutto il Novecento, tanto che nella letteratura locale sono attribuite a Nicola Moietta da Caravaggio, a Fermo Stella o alla scuola di Luini o di Lorenzo Ferrari, e sono stati ritenuti in passato parti dell'Ancona di Sant'Abbondio di Giovanni Angelo del Maino». La corretta attribuzione viene alla luce nel Settecento ad opera dello storico dell'arte Luigi Lanzi, che descrive i due dipinti come «capolavori» del Luini, ma da quel momento in poi, inspiegabilmente, le tele cadono nel più completo oblio. «Pensi che in Duomo non sono nemmeno illuminate», continua Agosti.
Ma le sorprese non erano finite: quando il professor Agosti e i suoi colleghi vengono a Como per vedere i dipinti del Luini, chiedono anche di un altro "San Sebastiano" indicato dal Bellani, un'opera molto rovinata che si trova nella Sacrestia dei Canonici e che è etichettata come opera della Scuola di Bernardino Luini. «Nel guardarlo, appeso al muro, notiamo che in alto c'è un altro quadro di grande fascino, che raffigura una Pentecoste. Siamo saliti con una scala e ci siamo resi conti non solo che era molto bello, ma anche che era dipinto pure sull'altro lato: si trattava quindi di uno stendardo processionale, il terzo stendardo conservato nel Duomo di Como oltre ai due esposti e finora conosciuti».
Agosti, Tanzi e Stoppa ritengono che l'opera, dipinta a tempera su tela, sia stata realizzata fra il 1525 e il 1530 - dopo una iniziale commissione al Luini - da Bartolomeo da Ponte Tresa, un pittore attivo nelle zone fra Comasco, Varesotto e Canton Ticino. Particolarmente pregevole, perché meno esposto e quindi meglio conservato - il fronte è stato utilizzato nel Settecento come pala d'altare nel Duomo - è il rovescio, che rappresenta un gruppo di gentildonne e nobiluomini in adorazione della Croce di Santo Spirito. «Sono benvestiti e riccamente ingioiellati - dice Agosti - Anzi di un'eleganza vista da Milano come un pochino provinciale. Purtroppo non siamo riusciti a identificare nessuno di questi personaggi, verosimilmente comaschi». Anche in questo caso si tratta praticamente di un inedito, perché «il quadro non è mai stato riprodotto, non compare in nessun libro, salvo una menzione in un volume della Cariplo del 1994 nel quale però si sosteneva che i due lati fossero stati dipinti da pittori diversi». Lo stendardo inoltre rappresenta l'unica opera mobile conosciuta di Bartolomeo da Ponte Tresa, di cui sono noti solo affreschi.
Ma la straordinaria caccia al tesoro comasca degli studiosi non termina qui. «Volevamo vedere una "Madonna" di Bernardino Lanzani, pittore di San Colombano al Lambro, una copia dal Perugino che il vescovo tiene nella sua cappella, all'interno del Palazzo vescovile. Ebbene, sulle scale ci siamo imbattuti in due grandi tele di santi, Abbondio e Gerolamo in una, Provino e Amanzio nell'altra. Sono quadri della fine del Quattrocento che in origine stavano insieme, nel Duomo di Como, ad altre due tele trasportate nel Novecento nella parrocchiale di Casnate. Erano parte di un complesso enorme, alto più di otto metri, una struttura ad ante che probabilmente racchiudeva il grande organo della cattedrale». Si tratta di opere «di notevole qualità», attribuite al pittore Ludovico De Donati, fratello di Giovanni Pietro e Giovanni Ambrogio De Donati, i più importanti scultori in legno del Rinascimento; una di esse - probabilmente quella che rappresenta Abbondio e Gerolamo - verrà esposta in mostra.
Qual è l'opera più importante fra quelle ritrovate? «Direi le ante dei Luini - dice il professor Agosti - Bartolomeo da Ponte Tresa è un personaggio nuovo, prima era identificato con un nome convenzionale, Maestro della Cappella Camuzio, la vera identità è stata scoperta di recente da una mia allieva. Invece Luini, che pure è stato forse sopravvalutato nell'Ottocento, resta uno degli artisti più significativi del Rinascimento italiano, di lui parla pure il Vasari».
Barbara Faverio
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