Dell'Utri, il giorno più lungo
Il Pdl: "Come Matteotti"

Il video della protesta. «Mafioso. Ti devi vergognare». Lui, camicia nera, collo scozzese beige Burberry, è rimasto impassibile, mentre gli organizzatori cercavano di difenderlo. Insorge il centrodestra: "Lo hanno tratttato com Giacomo Matteotti". E l'assessore Gaddi promette: "Lo rifaremo"

COMO - Zittito. Cacciato. Coperto di insulti. Travolto dai cori. Spinto ad abbandonare il tendone di Parolario. Per i contestatori che hanno riempito piazza Cavour di urla («Fuori la mafia dallo Stato», «Baciamo le mani» e «in galera devi andare» ripetuti all'infinito) l'ospite in programma ieri sera a Parolario non era un senatore della Repubblica, era «un mafioso» e basta. Gliel'hanno gridato in tutti i modi, a tutta voce, agitando le braccia e protestando fino a quando non sono riusciti a chiudergli la bocca, con slogan ai limiti del codice penale: «Vieni fuori adesso che te lo facciamo noi il processo».

Marcello Dell'Utri ha dovuto interrompere così la presentazione dei presunti diari del duce, già contestati dagli storici che non li ritengono originali. Sono insorti tutti: l'associazione partigiani, i comunisti, l'Acli, l'Arci, l'associazione Silvano Saladino, la fondazione Avvenire, la Cgil ma anche signore con scialle e capelli bianchi. «Mafioso. Ti devi vergognare». «Mangano un eroe, vergognati». E poi alla polizia: «Uno solo dovete portare dentro e lo sapete. Uno solo, lui». E giù insulti.
LUi, camicia nera, collo scozzese beige Burberry, è rimasto impassibile, mentre gli organizzatori cercavano di difenderlo. Donato Supino, consigliere comunale di Rifondazione, aveva annunciato un incontro pacifico «per non far uscire Dell'Utri una vittima». Male non si è fatto nessuno, ma la piazza non vedeva una contestazione simile da un bel po' di anni. «Non è giusto che un personaggio condannato in secondo grado per mafia partecipi a una manifestazione pagata da Regione e Provincia», commenta l'ex senatore democristiano Luciano Forni.

Il senatore, raggiunto dai giornalisti durante una contestazione dura e irriducibile a cui rispondevano i sostenitori del politico, ha solo «preso atto che non ci sono le condizioni per continuare questo incontro» e ha abbandonato un salotto di Como mai così turbolento. Immediate le reazioni degli esponenti politici presenti. Il consigliere regionale Gianluca Rinaldin ha paragonato Dell'Utri a Giacomo Matteotti: «Oggi come allora è mancata la democrazia». Matteotti, incalzato dai fascisti, riuscì a parlare e ad arrivare alla fine («Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me»), l'esponente del Pdl non è riuscito neppure a raggiungere il microfono. L'assessore provinciale Achille Mojoli ricorda un passato più recente: «Mi sembra di essere tornato al Sessantotto quando a me, liberale, veniva impedito di parlare. Ma cosa significa? Chi vuole ascoltare ne ha pieno diritto, gli altri possono non partecipare a quello che, poi, era un evento prettamente culturale». L'assessore Sergio Gaddi, raggiunto dalla notizia in vacanza, ha immediatamente rilasciato una dichiarazione «tale lo sdegno per questo evento di cui chiedo scusa a Dell'Utri, cui va tutta la mia solidarietà, a nome di Como». Una promessa: «Parlerà, organizzerò io l'incontro a qualsiasi costo».

Di segno opposto Bruno Saladino del Pd: «Nella gerarchia delle cause penso che il ruolo principale vada a Dell'Utri, consapevole di suscitare irritazione, sia per l'argomento che per la sua vicenda giudiziaria». Così Aniello Rinaldi, del Comitato per la difesa della costitituzione: «Ho visto un'indignazione genuina, soprattutto da parte dei giovani. Noi ricordiamo quali sono i valori di Dell'Utri e quelli a cui noi ci ispiriamo, quali sono gli eroi, secondo lui, come il condannato per mafia Vittorio Mangano, e secondo noi, ovvero don Puglisi, Falcone e Borsellino, Dalla Chiesa, Moro e tanti altri, quei giornalisti, poliziotti, carabinieri, sindacalisti, sacerdoti, semplici cittadini, i morti e i vivi che, con professionalità e cultura, resistono al degrado».
Secondo il presidente di ParoLario Glauco Peverelli «Siamo stati sconfitti tutti. Negare la parola a chicchesia non c'è di che rallegrarsi».

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