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Martedì 14 Settembre 2010
Panico e mobilitazione in centro
Tre anni, dimenticato sul bus
Mobilitazione generale di carabinieri, polizia e polizia locale ieri pomeriggio in centro città, sulle tracce di un bimbo di tre anni di nazionalità peruviana (ma residente a Como con la famiglia) dimenticato su un autobus della linea 1 dalla sua babysitter, una vicina, anche lei sudamericana ma originaria dell'Ecuador
COMO - Mobilitazione generale di carabinieri, polizia e polizia locale ieri pomeriggio in centro città, sulle tracce di un bimbo di tre anni di nazionalità peruviana (ma residente a Como con la famiglia) dimenticato su un autobus della linea 1 dalla sua babysitter, una vicina, anche lei sudamericana ma originaria dell'Ecuador. È scesa in piazza Vittoria, evidentemente senza tenerlo per mano, poi si è voltata per aspettarlo ma il piccolo è rimasto indietro, e le porte si sono chiuse. Panico.
L'allarme è scattato un paio di minuti dopo, il tempo di abbozzare un tentativo di inseguimento a piedi, che in realtà non sarebbe riuscito a nessuno. I primi a muoversi sono stati i carabinieri: minuti preziosi se ne sono andati per mettere ordine tra le informazioni un po' confuse della donna, agitatissima, capire esattamente quale fosse la linea, in quale direzione procedesse (se verso nord o verso Camerlata) e dove esattamente si fosse perso il contatto con il bimbo. Per radio è stata diramata una descrizione:capelli neri a caschetto, jeans, una maglietta blu. E mentre le ricerche si mobilitavano, lui si stringeva un po' spaurito in un angolo di quell'autobus che prima approdava in piazza Cavour e subito dopo si immetteva sul lungolago verso il confine di Stato. «Non mi sono accorto di nulla», ha raccontato poi l'autista, fermato dai militari dell'Arma solo a Ponte Chiasso, a un passo dal confine: «Sono saliti, hanno controllato e mi hanno spiegato quello che era successo e chi stavano cercando... Il bambino me lo ricordavo. Era salito con quella donna a Camerlata. Poi però non ci ho fatto più caso». Mentre da via Bixio e via Bellinzona salgono e scendono carabinieri, vigili urbani e volanti della polizia e mentre il terrore monta con il passare dei minuti (si è temuto che il bimbo fosse sceso a una fermata intermedia per andarsi a cacciare chissà dove) il destino ci mette una zampa provvidenziale. Johnatan, un ragazzino di sedici anni con gli occhi vispi, ecuadoregno come la baby sitter, sale sulla lina 1 ai Portici Plinio e, poco prima di Villa Olmo, si accorge del piccolo che intanto, superata la sorpresa iniziale, sta cominciando a chiedere preoccupato della mamma. Fino a quel momento, su un mezzo piuttosto affollato, nessuno tra i passeggeri ha fatto caso alla sua presenza. Johnatan invece lo conosce eccome:conosce lui e i genitori, che sono suoi vicini di casa. Lo avvicina e cerca di farsi spiegare cosa sia successo, poi lo prende con sè, scende dall'autobus e con un altro mezzo pubblico torna indietro, in piazza Vittoria, ritenendo che la cosa migliore sia ripercorrere la strada a ritroso e aspettare che qualcuno, magari la baby sitter, si faccia viva. Sono le 15.15, più o meno, e da quando è scattato l'allarme sono già trascorsi circa tre quarti d'ora. La Spt è stata allertata, gli autisti in circolazione sulle linee urbane sono informati delle ricerche, tutti sanno del bimbo smarrito, anche le pattuglie appiedate della polizia locale, cui - al pari delle altre unità - è stata dettata una descrizione del bimbo. Due vigili che incrociano in piazza Vittoria si imbattono in quella strana coppia, Johnatan e il suo piccolo amico, la cui descrizione corrisponde perfettamente: «Mi sono avvicinato - racconterà poi uno dei due agenti, Giovanni Catania - e ho domandato al più grande se il bambino fosse suo fratello. Quando mi ha risposto di no, ho capito che lo avevamo trovato».
Il piccolo è stato raggiunto poco dopo dalla baby sitter e dalla mamma. Un po' intimidito ha finito per dispensare sorrisi a tutti, contento di essere al centro dell'attenzione, anche se i più felici erano i carabinieri e chi lo aveva cercato. Che per quasi un'ora avevano temuto il peggio.
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