Confartigianato si spacca
sulla cravatta made in Como

Perretta costretto al dietrofront dopo le polemiche scatenate dalla sua inizativa per promuovere l'artigianato locale

«L'iniziativa non è nuova, ma un replay di quattro anni fa, destinato come allora al circuito interno. Lungi da noi l'idea di fare in qualche modo concorrenza ai produttori tradizionali, ancora oggi portabandiera del made in Como».
Pierpaolo Perretta, responsabile sviluppo associativo di Confartigianato, butta acqua sul fuoco delle polemiche deflagrate nel distretto dopo il debutto sul mercato di una linea di cravatte a marchio, realizzate interamente sulle sponde del lago a 30 euro. Costo ben al di sotto di anologhi nodi confezionati in Cina o in altri Paesi del Far East e venduti al triplo da brand più o meno noti. Il diffuso malcostume, un boomerang per l'intero sistema, ha convinto gli artigiani ad attivare la loro filiera tessile. Unico fine: salvaguardare una tradizione secolare, fortemente penalizzata dalla sempre più agguerrita concorrenza asiatica, ma anche da aziende che non sempre garantiscono qualità e tracciabilità del prodotto.
Tutte le imprese che hanno preso parte alla realizzazione, dalla tessitura al packaging, si sono impegnate a rendere ogni passaggio il più possibile economico, per contenere al massimo la cifra finale, causa scatenante della querelle con il Gotha comasco del settore. «E' stato preso per prezzo di vendita quello che invece era il costo puro di produzione. Capisco che il fraintendimento abbia suscitato, nostro malgrado, qualche malumore. La nostra comunicazione è stata forse poco chiara, per eccesso di entusiasmo. Se fosse vero che volevamo aprire un nuovo canale commerciale, rivolto ai privati, non avremmo certo posto la nostra scritta, così in evidenza, sul tessuto». Per il momento l'idea non nasconde altre ambizioni, almeno questo è quello che Confartigianato lascia intendere.

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