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Giovedì 11 Novembre 2010
Cantù, il mosaico di Fontana
degradato e dimenticato
Viaggio nel patrimonio storico-artistico del Canturino: primo caso, il mosaico realizzato da uno dei maestri del Novecento in piazza Garibaldi
CANTU' Il colpo d'occhio è perduto per sempre. L'autore non poteva immaginare che, in pochi decenni, sarebbero arrivati i negozi a smembrare la superficie del suo capolavoro. È un notevole pezzo d'arte il mosaico di Lucio Fontana, uno degli autori più significativi di tutto il Novecento. Sotto i piedi di chi passa nella Galleria Garibaldi, in piazza, magari senza accorgesene nemmeno. Il mosaico è mezzo scomparso, non più visibile nel suo insieme. Le rughe solcano il pavimento sotto forma di sette tristi spaccature, che inviterebbero a intervenire. O ancora, il particolare del nastro in cemento bianco, formato cinquanta per due centimetri. Sfregio di un'opera in parte distrutta da uno scivolo nero per abbattere le barriere architettoniche.
Fu pensato negli Anni Cinquanta come un atrio dove far correre lo sguardo, il mosaico di Fontana. Ma i successivi lavori per installare i divisori di ferro, pareti tra un'attività e un'altra della galleria, hanno ucciso la figura d'insieme. L'espressionismo astratto di Fontana, steso su centocinquanta metri quadri, è stato scomposto. Un pezzo vicino agli ascensori. Un'altra frazione per i tavoli di un caffè. Una terza parte in banca. Il resto, quando non è occupato dal mobilio, è ricoperto da un moderno tappeto azzurro e qualche pianta da salotto, nel corridoio centrale.
E pensare che altrove il pavimento di Fontana sarebbe un'attrazione per i turisti. L'artista dei celebri «concetti spaziali» – la serie più nota, i tagli verticali nelle tele – è un gigante dell'arte contemporanea. Giusto per fornire un esempio: fra pochi giorni, un Fontana del '58 andrà all'asta alla Porro Art Consulting di Milano, con un valore super di 650mila euro. Coevo, il mosaico di Cantù. Perché completato appena un anno prima, nel '57. L'invito a Fontana venne formulato dall'architetto Renato Radici, che progettò simultaneamente la costruzione al civico 5 di piazza Garibaldi. Il palazzo delle esposizioni. Dove fino a pochi anni fa, era ospitata la Galleria del Design e dell'Arredamento del Clac.
Tra coloro che hanno memoria del mosaico, oltre agli Amici dei Musei di Cantù, vi è anche il critico d'arte comasco Luigi Cavadini. «Purtroppo – dice Cavadini – ci sono stati interventi di utilizzo indipendentemente dall'importanza dell'opera. Il mosaico in sé non è più leggibile nel suo complesso, perché è stato frammentato dalla divisione degli spazi per i negozi. Era un atrio, pensato come parte integrante del progetto di architettura, realizzato con le tecniche di mosaico e seminato veneziano».
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