Cantù, quando il comune vendette
il mosaico realizzato da Fontana

Nel 1993 l'opera, valutata 349 milioni e 866mila lire, passò ai privati: un valore notevole solo in apparenza, un po' meno quando si vanno a guardare le quotazioni che hanno raggiunto le opere di Fontana, già celebre negli anni '50, oggi battuto alle aste a decine di milioni

CANTU' Si discusse di tutto: piani regolatori, destinazioni commerciali, monetizzazioni. Ma del prezioso, unico pavimento sotto il palazzo delle esposizioni, mai. Tanto che fu il Comune di Cantù, nel 1993, a «vendere» ai privati il mosaico di Lucio Fontana, valutato 349 milioni e 866mila lire: un valore notevole solo in apparenza, un po' meno quando si vanno a guardare le quotazioni che hanno raggiunto le opere di Fontana, già celebre negli anni '50, oggi battuto alle aste a decine di milioni.
In questi giorni abbiamo riferito dello stato in cui versa il mosaico di Fontana. Crepato in più punti. Soprattutto, ricoperto dai negozi spuntati nella Galleria Garibaldi. In piazza, nell'atrio sotto la Nuova Permanente, la superficie di centocinquanta metri quadri disegnata e realizzata dal fondatore dello spazialismo poteva essere il biglietto da visita della città. E che biglietto da visita.
L'aspetto era ben chiaro negli anni Cinquanta, tanto che il piano terra con il prezioso mosaico rimase un tutt'uno, illuminato dalla luce delle ampie vetrate, vincolato a uso pubblico. Di più, vincolato come spazio destinato alla realizzazione di un ufficio per il turismo. Opzione rimasta fino al '90, quando la Permanente arrivò alla sofferta decisione di vendere il palazzo alla società Infondi dell'immobiliarista Pompeo Rocchi. Ma il 3 febbraio 1993, con il governo cittadino in piena crisi, la giunta di Fiorenzo Gagliardi (<+G_NERO>nella foto<+G_TONDO>) decise di rinunciare all'ufficio turistico, monetizzando la cessione del vincolo, e incassando 350 milioni di lire. Al Comune rimase solamente il diritto di accesso e di passo nella galleria. Con quell'atto, in pratica, il piano terra diventò in tutto e per tutto privato, e il prezioso mosaico finì per essere nascosto dalla presenza dei negozi.
Il momento, per l'amministrazione comunale, era difficile. Tanto che pochi giorni dopo la monetizzazione, il 25 febbraio, Gagliardi si dimette. Resta sindaco pro tempore, in attesa dell'arrivo del commissario. L'11 marzo viene redatto l'atto notarile di rinuncia, sul quale compaiono le firme di Gagliardi e di Pompeo Rocchi. Si definisce, in sostanza, la cessione dell'atrio con il mosaico per poco meno di 350mila euro. In cambio, Rocchi si impegna a tenere pulito e aperto al pubblico il passaggio. Il giorno dopo, il comune rilascia il permesso di procedere con la ristrutturazione edilizia. Il colpo d'occhio del mosaico viene così nascosto dalla presenza dei negozi – oggi vuoti, a parte un bar e la banca – e distribuiti in tutto l'atrio.
Sulla vicenda, l'ex sindaco Gagliardi glissa: «Non mi ricordo i particolari». Protesta invece Maria Casati, artigiana già alla Permanente: «Il mosaico di Fontana è un valore buttato via. Peccato, perché poteva essere della città. Questo lo dissi anche in occasione della mostra di sei anni fa, organizzata dagli Amici dei Musei». Allestita per ricordare un'opera d'arte ormai invisibile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA