Sanzioni a chi violenta l'ambiente
Incassati soltanto 300mila euro

Chi ferisce il paesaggio di Como, paga: l'amministrazione provinciale ha applicato quaranta sanzioni per un totale di 291.522 euro negli ultimi cinque anni per violazioni alle norme paesaggistiche.

COMO Chi ferisce il paesaggio, paga: l'amministrazione provinciale ha applicato quaranta sanzioni per un totale di 291.522 euro negli ultimi cinque anni per violazioni alle norme paesaggistiche. Ma non si tratta di un flusso di cassa come un altro: sono introiti che andranno a beneficio del territorio e non tanto per riparare ferite, quanto per la riqualificazione di aree, la formazione di sentieri, i rimboschimenti e il riassetto idrogeologico. Infatti, su proposta dell'assessore al Territorio, Sergio Mina, la giunta provinciale ha approvato un bando, aperto a tutti i Comuni, per erogare contributi fino ad un massimo di 30.000 euro su progetti di salvaguardia e di riqualificazione paesaggistica.
E le risorse saranno tratte proprio dalle sanzioni pecuniarie applicate per abusi in ambienti esterni alle comunità montane e ai parchi o alle aree protette da apposite discipline. È il Codice dei beni culturali e del paesaggio a dettare disposizioni per l'irrogazione di sanzioni e per la destinazione ad interventi di recupero con le somme introitate. «Nella maggior parte dei casi, sono state applicate le sanzioni minime, 500 euro - precisa l'architetto Giuseppe Cosenza, dirigente dell'assessorato al Territorio - con qualche eccezione. Le violazioni riguardano soprattutto trasformazioni di boschi». Da Appiano Gentile a Lurate Caccivio, da Fino Mornasco a Faloppio, da Valbrona a Senna Comasco, senza chiedere l'autorizzazione o in difformità all'autorizzazione, sono stati tagliati boschi per farne prati, realizzare parcheggi o aree di sosta, per arrivare con il materiale a capanni e capannoni o ad attività produttive, ma sono state accertate anche discariche abusive. Due i casi consistenti, che hanno comportato sanzioni da 100.000 e da 50.000 euro, ma in genere è entrata in attività la scure o, meglio, la sega circolare selvaggia, con rimozione anche delle ceppaie. Il danno è fatto e non sempre è possibile il ripristino, con il ritorno alle condizioni originarie. La norma dice che «il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione». In sostanza, la sanzione è proporzionale al profitto realizzato con la violazione ambientale. Visto gli importi, in generale non si tratta, appunto, di grandi profitti, ma la legge dispone che neppure un taglietto può essere arrecato al paesaggio senza autorizzazione o in difformità ai permessi. E anche quando è possibile il ripristino dei luoghi, è prevista la sanzione che diventa «investimento ambientale» nello stesso Comune o in altri. Non è escluso, naturalmente, il procedimento penale, nei casi previsti dalla legge. Le somme introitate a mano a mano sono state accantonate, per dare un segnale significativo, alla fine, sul loro uso ambientale.
Maria Castelli

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