Tasche più vuote
Mancano 35 milioni

La lunga stagione del grande freddo: per il 15% dei lavoratori comaschi è cominciata ieri e finirà nel 2014. Per tre anni, nessun aumento contrattuale ai dipendenti dei pubblico impiego e per i super stipendi dei dirigenti è prevista una riduzione del 5% sopra i 90.000 euro e del 10% oltre i 150.000 euro.

a.savini

COMO La lunga stagione del grande freddo: per il 15% dei lavoratori comaschi è cominciata ieri e finirà nel 2014. Per tre anni, nessun aumento contrattuale ai dipendenti dei pubblico impiego e per i super stipendi dei dirigenti è prevista una riduzione del 5% sopra i 90.000 euro e del 10% oltre i 150.000 euro. A parte i riflessi sul singolo tenore di vita, la conseguenza sul nostro territorio è anche sociale ed economica: inciderà sui consumi in generale la perdita di potere d'acquisto di una categoria che ha sempre potuto contare sul posto a vita e su uno stipendio sicuro, cresciuto del 39.7% negli ultimi dieci anni, contro il 25.7% del settore privato, a fronte di un'inflazione del 20% nel decennio 2000 - 2010, secondo studi nazionali. Per un triennio, complessivamente, il settore pubblico comasco dovrà fare a meno di circa 35 milioni di euro, dai 12 ai 13 milioni l'anno per effetto dei mancati aumenti da 1.600 euro in media a testa. I dipendenti del pubblico impiego nel comasco sono infatti 21.500 circa, secondo l'ultimo studio del Gruppo Clas, risalente alla fine del 2008, di cui 4.300 negli enti locali, Regione, Provincia e Comuni; 9.200 nelle scuole e nelle Università; 4.100 gli addetti alla sanità, 3.300 ai ministeri, Interni, Giustizia, Finanze e così via. Un migliaio i precari, ma era già prevista la decimazione, nel giro di un anno. L'Ufficio Studi Ires della Cgil nazionale ha fatto i conti sulle perdite economiche di ciascuno: 1200 euro lordi non saranno erogati in conseguenza dello stop ai rinnovi contrattuali dal 2010 al 2013 ed ulteriori 400 euro nel 2013 e neppure il tasso d'inflazione sarà del tutto coperto. Il pubblico impiego stringe la cinghia ed è forse la prima volta che l'apparato pubblico è chiamato a sacrifici così severi: meno soldi in busta paga e più efficienza, è la disposizione dei ministri alle Finanze e alla Funzione Pubblica, Tremonti e Brunetta che hanno dato un giro di vite anche al turn over. Infatti, ogni dieci dipendenti pubblici che vanno in pensione, ne potranno essere assunti solo due e non è detto che siano a parità di qualifica. Non sarà possibile assumere due impiegati di prima categoria, per esempio, al posto di due impiegati di seconda o di terza che escono. Ma a Como, a sentire gli stessi pubblici funzionari, da sempre gli organici sono sottodotati e al limite. Sono aumentate le competenze e sono cresciuti i compiti, ma il personale è sempre stato ridotto all'osso, anche perché i posti pubblici, rifiutati dai comaschi, erano coperti da lavoratori arrivati dal Sud o da altre parti d'Italia e appena potevano, chiedevano il trasferimento e tornavano a casa. Troppo alto il costo della vita a Como rispetto al salario, a cominciare dai prezzi per l'alloggio ed era questa una delle principali ragioni del “carosello” che si è verificato per anni, anzi, per decenni, nel settore burocratico e che ha lasciato vuoti, anche ai vertici. Quando i comaschi hanno cominciato ad avvicinarsi al pubblico impiego, era già cambiato tutto e si sono avvicinati non solo per il posto e il salario sicuri, ma anche perché la pubblica amministrazione non è sempre «il pianeta delle scartoffie». In tanti comparti, ha mostrato possibilità di crescita e di applicazione di intelligenza e dedizione. Una delle «rivoluzioni» a Como del trascorso decennio è stato, per esempio, il mercoledì del cittadino, orario continuato degli sportelli pubblici dalle 8,30 alle 15,30. «Un piccolo segno? Forse - dice un'addetta - Ma non solo di riorganizzazione, bensì di un nuovo senso del servizio». E se rimangono inetti ed ignavi, non fanno bene a nessuno una busta paga congelata e il livellamento. «Non fa bene neppure il dagli al dipendente pubblico, a prescindere - conclude - fa meglio valorizzare chi e ciò che ha valore».
Maria Castelli

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