I capelli di una ragazza
trovati vicino al teschio

Cernobbio: c'era una treccina stretta con un piccolo elastico di paillettes azzurre e argentate. Sono acconciature "afro", dice chi le ha viste. I resti umani rinvenuti sopra Piazza Santo Stefano, dovrebbero appartenere a una donna giovane, sui 25 anni

CERNOBBIO C'era una treccina di capelli neri, stretta con un piccolo elastico di paillettes azzurre e argentate. Sono treccine "afro", dice chi le ha viste, per spiegare che si tratta di capelli pettinati e raccolti come si usa in certi paesi africani. Non serve più aspettare l'esito degli esami, almeno non per quanto riguarda l'identificazione del sesso:i resti umani rinvenuti accanto al torrente Cosio, in località Barangia, tra i terrazzamenti sopra Piazza Santo Stefano, dovrebbero appartenere a una donna adulta, probabilmente di razza non caucasica, giovane, sui 25 anni, a giudicare dallo stato di conservazione della dentatura. La treccina di capelli è l'ultimo indizio di un mistero che resta piuttosto fitto. Cranio e ossa - probabilmente ossa femorali - si trovavano su un terreno sopra via per la Svizzera, accanto alle prime balze del Cosio, un torrente che nasce dalla montagna un centinaio di metri più sopra: la zona, verso la montagna, è davvero scoscesa, ma il pianoro è raggiungibile abbastanza facilmente dalla strada, che si trova venti metri più in basso. C'è un piccolo cancello di metallo che delimita il terreno verso valle. Ci si può arrivare, ovviamente, anche da Olzino, passeggiando tra gli orti che costeggiano le alture e si affacciano sulla valle del Breggia. È una camminata di una decina di minuti: raggiunto il Cosio, occorre scendere verso valle per qualche metro, fino a incontrare le bandierine arancioni collocate dai carabinieri a indicare il punto esatto di ritrovamento delle ossa.
In linea puramente teorica, il luogo avrebbe potuto anche fungere da riparo. C'è un abbozzo di muro, semi coperto da rovi sotto i quali potrebbe anche ricavarsi un giaciglio. Ci sono anche alcune pietre disposte attorno a un tratto di terreno annerito, come se qualcuno vi avesse acceso un fuoco. Irilevamenti degli esperti del «Labanof», il laboratorio di antropologia forense di Milano, avrebbero dimostrato che i resti sono arrivati fino a lì per dispersione, cioè per azione degli agenti atmosferici, anche se non si capisce, data la particolare conformazione del terreno, da dove siano, per così dire, "partiti", da dove si siano mossi per scivolare fin lì. Tra un mese sarà disponibile una ricostruzione del volto. Chissà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA