Dan Peterson
rilancia Milano

L'Armani batte Caserta di Piano Sacripanti  e torna da sola al secondo posto in attesa della sfida Pesaro-Cantù. Grandi emozioni per il ritorno del "vecchio coach".

MILANO - Non poteva sperare in un esordio migliore Dan Peterson. Chiamato martedì a sostituire l'esonerato Bucchi sulla panchina dell'Armani Jeans Milano, a 24 anni di distanza dall'ultima volta, il quasi 75enne coach statunitense debutta con una vittoria: 98-84 contro la Pepsi Caserta, reduce da tre successi nelle ultime quattro uscite, nell'anticipo della 13esima giornata. Nelle fila dell'Olimpia il grande protagonista è Pecherov, in doppia doppia con 21 punti e 14 rimbalzi, bene anche Jaaber, a referto con 16 punti e 4 rimbalzi, a Caserta non bastano i 19 punti e 8 rimbalzi di Williams e il 18+9 di Jones.

IL PERSONAGGIO
Il «coach» è tornato. Dan Peterson ricomincia da dove aveva lasciato, vincendo. Certo, in un giorno nessuno può far miracoli ma una cosa è certa: il basket ha ritrovato uno dei suoi più grandi protagonisti di sempre. Ancora un pò a corto di sonno, accolto dalla standing ovation di tutto il Forum, coach Dan si presenta in giacca e cravatta, quasi provando a nascondere l'emozione del debuttante.


Ventiquattro anni dopo la sua ultima panchina, eccolò di nuovo lì, al timone di quella Milano che sotto la sua guida ha vinto tutto negli anni Ottanta, davanti a un pubblico che non lo ha mai dimenticato, opposto a quella Caserta contro cui ha conquistato i suoi ultimi due scudetti prima del ritiro. E poco importa se domenica spegnerà 75 candeline, perchè l'entusiasmo, lo vedi subito, è quello di sempre.


Sugli spalti ci sono anche Dino Meneghin, stella della sua Olimpia e ora presidente della Fip, e Toni Cappellari, l'allora general manager, mai si sarebbero persi questa occasione.


Peterson si muove come se avesse allenato fino a ieri, allarga le braccia, alza gli occhi al cielo, esulta a ogni canestro stringendo i pugni e al primo time-out urla in faccia ai suoi giocatori, provando a trasmettere loro la carica che ha sempre caratterizzato la sua Olimpia. E chissà cosa deve essere passato per la testa del giovane Melli quando ha visto il «Nano ghiacciato» rivolgersi a lui in quello slang noto anche a chi non mastica molto di basket.


Quella di Peterson è una partita nella partita, è difficile tenere gli occhi sul campo senza sbirciare i movimenti del coach di Evanston, che, rigorosamente sempre in piedi, fa ruotare tutti gli uomini a disposizione e ha pacche sulle spalle per ognuno di loro.


E quando nel terzo quarto l'Armani Jeans scappa, ti viene da pensare che quell'anziano signore non ha perso un briciolo del suo carisma e che dietro certe pose quasi teatrali c'è sempre quel coach che a Milano ha fatto la storia. Si arrabbia, incoraggia, esulta, ma sa anche essere impassibile, lasciando a qualche smorfia il compito di comunicare quello che pensa. Alla sirena il tabellone segna 98-84 per i suoi ragazzi e solo allora Peterson si rilassa un pò. «Sembrava non finire mai», si lascia scappare a fine partita, ammettendo di essere «molto provato. Gli ultimi due minuti non passavano mai, le mie gambe non reggevano». Ma la sua Olimpia ha retto, eccome. Bentornato «coach».

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