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Domenica 16 Gennaio 2011
Cantù, episodi di bullismo
L'allarme parte dal Melotti
«Bulli, vandali, baby gang: il lato sconosciuto degli adolescenti tra reale e virtuale», il titolo della mattinata organizzata dall'istituto di via Andina a cui hanno partecipato una trentina di genitori. Tra insulti ed emarginazione, l'allarme lanciato dagli stessi ragazzi delle scuole brianzole
«Bulli, vandali, baby gang: il lato sconosciuto degli adolescenti tra reale e virtuale», il titolo della mattinata a cui hanno partecipato una trentina di genitori. Appuntamento organizzato dal comitato genitori del "Fausto Melotti" di via Andina - la storica scuola d'arte - ma rivolto a tutte le scuole del distretto dei servizi sociali, Cantù e paesi limitrofi. Perché nessuno può sentirsi escluso.
Di bullismo se ne parla troppo poco, secondo gli esperti intervenuti: l'avvocato Olga Camossi, la pedagogista Wilma Gilardoni e il sociologo Michele Molfetta. La loro scelta, in oltre due ore di relazione, è stata di esporre anche i particolari di alcuni episodi vissuti da vicino, avvenuti sul territorio.
C'è la ragazza di una scuola privata. La sua gita, in una città europea, si trasforma in orrore. Esclusa per anni, le «amiche» - curioso che il bullismo al femminile sia in espansione - la invitano a cena in un locale, in una serata senza professori. Viene portata in bagno, dove tenuta per i capelli è costretta a sniffare della cocaina. «Non avevi scelta, ma ora fai parte del gruppo», le viene detto, prima di un brindisi di scherno. «Ogni volta che chiudo gli occhi rivedo la porta rossa di quel locale, il mio incubo», dirà più avanti, quando troverà il coraggio di raccontare. Gli sportelli psicologici aperti nelle scuole del circondario sono una valvola di sfogo. «Non so cosa fare, in classe mi escludono perché non guardo Colorado Cafè e il Grande Fratello», la frase di un ragazzino delle elementari, in lacrime. Un altro ragazzo, salutato con «ciao, gay», per colpa di un maglioncino. Un altro ancora, costretto a cambiare scuola perché i suoi compagni hanno trasformato il suo cognome in una parola oscena.
Ci sono poi i ladri. Come la minorenne sorpresa a rubare tra gli scaffali rossetti e profumi: portata in questura per la fotosegnalazione, dopo aver dato generalità false si è messa in posa, con un sorriso di sfida. «Ma perché ridi?», le ha chiesto il poliziotto. «Non lo so». «Ma lo sai che finirai davanti al giudice?». «Perché, devo andare in tribunale?», la domanda che non ha spento il suo sorriso. Altri si organizzano. Le baby gang a volte vengono dall'alta borghesia. Rubano cellulari ad altri ragazzi. Qualcuno di loro, è stato pizzicato a Gardaland: «Ho rubato tanto per fare: mio padre mi ha dato 400 euro per andare in gita». Il movente, quasi sempre: la noia.
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