I consulenti del pm:
"Paratie illegittime"

Le paratie? «Illegittime». O, almeno, così sospettano i consulenti della procura di Como. Lo strano caso dei costosissimi bastioni pensati per difendere la città contro l'avanzata del Lario è un corollario di "distrazioni", omissioni, procedimenti viziati e passaggi illegittimi.

COMO - Le paratie? «Illegittime». O, almeno, così sospettano i consulenti della procura.
Lo strano caso dei costosissimi bastioni pensati per difendere la città contro l'avanzata del Lario è un corollario di "distrazioni", omissioni, procedimenti viziati e passaggi illegittimi. A sostenerlo, nero su bianco, sono i consulenti nominati dalla procura di Como nell'ambito dell'inchiesta aperta dal pm Simone Pizzotti nei giorni immediatamente successivi allo scandalo del muro oscura-lago. Conclusioni, quelle degli esperti chiamati a radiografare l'intero iter del progetto paratie, che suonano come sonori schiaffi rifilati soprattutto - ma non solo - all'amministrazione comunale. Critiche sono state infatti spese anche verso il ministero dell'Ambiente, la Regione e la Soprintendenza. Tutti colpevoli - sottolineano i consulenti - di aver quantomeno preso sotto gamba l'impatto ambientale di un'opera che, tra polemiche, critiche, inchieste e costi esorbitanti segna proprio in questi giorni il passo, con lo stop del cantiere.
La storia di un'opera bollata come «non conforme alla legge in materia» di lavori pubblici comincia a collezionare passi falsi fin dall'inizio. Siamo a metà degli anni Novanta e a meritarsi la prima tirata d'orecchie degli esperti della procura è il ministero dell'Ambiente, che concede il parere favorevole al progetto di realizzazione delle paratie «senza esaminare con attenzione l'impatto ambientale». Una leggerezza, i consulenti del pm lo chiamano «comportamento omissivo», che a cascata avrà ripercussioni su tutto l'iter. È proprio quel via libera, infatti, a mettere in moto gli ingranaggi che hanno portato al brutto pasticcio oggi sotto gli occhi di tutti. Il secondo passo falso avviene al Pirellone, dove la direzione urbanistica della giunta regionale rilascia l'autorizzazione paesistica anche in questo caso senza «approfondite indagini sull'impatto ambientale» delle opere. Quindi è la volta della Soprintendenza, accusata di non aver avuto nulla da ridire sempre in merito all'impatto in una zona «soggetta a vincoli paesaggistici».
Arriviamo al 2004, quando il Comune prima affida l'incarico della direzione dei lavori ai tre progettisti originari quindi, sette mesi dopo, li revoca preferendo a loro Antonio Viola, affiancato dal collega Antonio Ferro in qualità di responsabile del procedimento. Passano pochi anni, parte il cantiere e la città scopre che gli operai della Sacaim hanno avuto l'ordine di cancellare la vista del lago. Tutta colpa della perizia di variante numero 1, quella che ha dato il via libera alla realizzazione del muro-scandalo modificando il progetto originario. Modifica mai passata in consiglio perché non giudicata sostanziale da Palazzo Cernezzi e anche per questo oggetto di una feroce critica da parte dei consulenti della magistratura. La direzione lavori viene accusata di «comportamento omissivo» per non aver interpellare i progettisti; non solo: l'intero procedimento amministrativo viene giudicato «viziato da parecchie omissioni e anomalie».
Le conclusioni hanno un suono spietato, perché se da un lato gli esperti "assolvono" il Comune da critiche sotto il profilo edilizio, dall'altro scrivono che «con riferimento sia alla normativa relativa alle opere pubbliche sia a quella paesaggistica e ambientale» il Mose lariano è viziato da un «sospetto di legittimità». Sospetto che aleggia non già sulla realizzazione di un marciapiede, ma sull'opera pubblica più importante mai avviata da Palazzo Paolo Moretti

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