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Sabato 29 Gennaio 2011
Come sono finito sull'Isola
Così l'informazione fa naufragio
Equivico nato fa Facebook proietta un giovane critico letterario nel calderone della tv - Giornali e agenzie sono caduti nella retesembra un racconto, invece è accaduto...
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«Quello di cui ho bisogno è un'informazione, non un'informazione utile, naturalmente, ma completamente inutile»: così si legge nella seconda parte "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde, uno dei tanti grandissimi scrittori che purtroppo vengono più citati che letti. La frase ha una sua tragica attualità tanto che sembra scritta per l'oggi, per questo eterno circo di divertimento che è diventato molto spesso il mondo dell'informazione. Tanto che negli Stati Uniti non esistono quasi più le "news" ma l'infotainment, un'informazione che tende sempre ad essere spettacolarizzata.
In questo Nuovo MediaEvo, dove anche ogni discorso politico è ormai ridotto in vaudeville, l'unico modo per ribellarsi non è cambiare canale, ma voltare pagina. Nel mio piccolo cerco di farlo ogni giorno. Sono l'unico giornalista italiano a collaborare a due gruppi editoriali, la Repubblica e Il Giornale, se non all'opposto certamente divisi su molti argomenti. Perché sono convinto che la Cultura non abbia colori, tanto meno politici. Credo sia inutile e dannoso "isolarsi" in un eremo emotivo o chiudere le nostre "windows" sul mondo. Credo, invece, con il grande Gaber, che la «libertà sia partecipazione». E a proposito di partecipazione mi trovo qui per fare quello che oggi chiamano "outing". Sono qui per raccontare una verità che potete leggere a modo di metafora, quasi una favola di un Esopo PostModerno, di come "la società dello spettacolo" sia un'idrovora mai sazia che tutto inghiotte senza controllo.
Da ottobre 2010 i quotidiani e periodici nazionali più importanti, radio, televisioni, i siti internet più letti in Italia, hanno lanciato la notizia della mia partecipazione all'Isola dei Famosi.
Dai magazine più glamour ai quotidiani più rigorosi non c'è quasi testata giornalistica italiana che non abbia scritto, chi in breve chi in articoli più esaustivi, di un critico letterario, io, che è stato chiamato per andare al reality più seguito in Italia. Mi hanno cercato per interviste, commenti o repliche ai tanti lettori, scrittori e intellettuali che mi hanno attaccato, chi pubblicamente chi in privato. Molti giornali hanno titolato "La cultura fa naufragio", "La critica isolata", "Un critico letterario alla deriva". Dichiarazioni spesso forti ma alle quali non ho mai replicato. A pochi giorni dall'inizio della trasmissione, con un cast che ricorda "Parentopoli" (sono tutti figli di), ho deciso di scrivere la verità. Non perché sia un egocentrico, sono più un ego(ri)ferito, ma per dimostrare come in Italia l'informazione sia davvero libera. Talmente libera da far passare tutte le notizie più inutili pur di darcene talmente tante da ridurci alla passività. Chiunque guardi un telegiornale dovrebbe non dormire per 5 o 6 giorni: una strage al giorno, morti ammazzati, casi di Malasanità, terrorismo, guerre, morti, malattie, carestie. Noi ce ne stiamo lì, seduti sui nostri divani o a tavola, e ingeriamo tutto come se tutto questo fosse normale. Ma non è normale. E non è normale neanche che i conduttori dei tg ci dicano, a fine telegiornale, «Buona Serata e Buona continuazione con le nostre trasmissioni». Buona serata? Ma un essere umano normalmente normale, davanti a tanto orrore, dovrebbe chiudersi in un silenzio rispettoso o scendere in piazza! E non aspettare davanti allo schermo che arrivino i soldatini di bellezza di "Beautiful" o le nuove "Desperate Housewives". La mattina del 1 ottobre 2010 mi sono svegliato e come sempre ho dato una lettura alle notizie su internet prima di dedicarmi alla lettura dei cartacei. In particolare sono stato colpito dal risalto riservato ad un Pippo Baudo che dichiarava: «Quest'anno dico no a Domenica In».
Mi aveva colpito perché, con tutti i problemi ma anche le notizie belle che esistono, un conduttore che non crede più in una trasmissione contenitore della domenica pomeriggio non mi sembrava, in un tempo di crisi non tanto economica ma soprattutto di valori, una notizia che meritasse tanto spazio. Su Facebook, il social network dove tutto il mondo diventa di "amici", ho deciso di scrivere: «Al posto dello scrittore Mauro Corona all'Isola dei famosi un critico letterario». Sotto quello che su Facebook si chiama "status", cioè la frase che in quel momento ciascun utente vuole che lo rappresenti, ho messo un link, un rimando alla pagine dell'Ansa dove Baudo dichiarava di lasciare Domenica In. I miei 5 mila "amici", il massimo consentito da Facebook, persone che conosco ma anche perfetti estranei o conoscenti virtuali si sono scatenati con oltre 200 commenti. Non avendo letto il rimando a Pippo Baudo ma visto solo il marchio di "qualità" dell'Ansa si sono subito divisi tra l'augurio di una mia futura grande popolarità tra telespettatori che di solito preferiscono stare sull'isola, a casa, anziché leggere un libro e gli insulti di chi trova indegno che un intellettuale partecipi ad un reality. Talmente tanti commenti che la notizia ha attirato l'attenzione di Affari Italiani, il terzo sito internet di Economia e Cultura più seguito in Italia. Antonio Prudenzano, capo della sezione Cultura, ha rilanciato la notizia. A questo punto l'Adn Kronos, una delle maggiori agenzia di stampa italiane, ha rilanciato la notizia fino a che la stessa Ansa non si è interessata al caso. Così, la più grande Agenzia di Stampa Italiana, non controllando che il link che avevo messo su Facebook parlava di Pippo Baudo, mi ha definitivamente lanciato nel cosmo del piccolo schermo. Il giorno dopo quasi tutti i giornali hanno riportato la notizia in breve. Anche perché Mauro Corona, lo scrittore veneto da centinaia di migliaia di copie, aveva bocciato la proposta di andare all'Isola. Così al posto di Corona hanno subito messo me. Via uno dentro l'altro, come in un'arena. Ma l'informazione non dovrebbe essere un'arena. Ma siamo al MediaEvo e la notizia ha sostituito la realtà. In questi mesi ho rilasciato molte interviste stando sempre molto attento alle parole. Non ho mai dichiarato: «Parteciperò all'Isola dei Famosi» ma ho sempre risposto: «La produzione non mi ha ancora fatto pervenire il contratto». Il che è vero. Nessuno dall'Isola dei Famosi mi ha chiamato malgrado il clamore mediatico. Ma nessuno dell'Isola dei Famosi mi ha nemmeno mai chiamato o scritto per avvisarmi che con l'Isola non c'entravo niente. In verità, lavorando per i giornali da quasi 20 anni, credo che il mio caso rappresentasse una "Ventura" mediatica anche per loro. In soldoni: tutta pubblicità.
Nel corso di questi mesi ho addirittura letto un articolo dove si sosteneva che io partecipavo all'Isola per l'abbandono di Fabrizio Corona. Per cui lo scrittore da centinaia di migliaia di copie è stato trasformato in Fabrizio Corona, uno che da centinaia di migliaia, ma di "coppie", ha creato il suo piccolo basso impero.
Un'operazione mediatica situazionista che ho ideato per dimostrare come spesso l'informazione non sia (in)formata nemmeno a se stessa. Un sistema dove, come nel mio caso, chi ha credibilità anche per il proprio lavoro di intellettuale, viene subito fagocitato da un sistema forse saturo di veline, calciatori, cantanti, nani e ballerini. Sempre più sul piccolo schermo è caccia all'intellettuale: possibilmente lontano dal suo contesto naturale, quello della Cultura, per sbatterlo su un'isola o in uno studio televisivo a parlare di qualunque cosa. Se notate, nei talk show soprattutto pomeridiani, è una continua invasione barbarica di presunti scrittori. Il termine scrittore oggi non si nega a nessuno. Basta notarlo "porta a porta" tra i canali: ci sono il giornalista e scrittore, il calciatore e scrittore, il cuoco e scrittore, il medico e scrittore. "E scrittore" ormai non lo si nega più a nessuno. Ecco come detronizzare davvero la Cultura: non mettendo al rogo o vietando la libera circolazione dei libri (come ai tempi della censura nazista e dell'oscurantismo sovietico) ma incastrarli, soffocarli, inglobarli in un MediaEvo dove siamo tutti vittime e attori. In un'isola o in una stanza l'importante non è che la notizia sia vera. L'importante è che la notizia mediaticamente funzioni. Se poi racconti il vero che importa? Tanto noi siamo sull'isola, a casa, davanti ad un televisore che ci dice ogni giorno tutto e il contrario di tutto. Come se fosse normale.
Gian Paolo Serino
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