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Lunedì 07 Febbraio 2011
<Rocker ed editore spericolato>
Vasco Rossi visto da vicino
Il critico letterario comasco Gian Paolo Serino rievoca l'amicizia con la star di Zocca, diventata suo editore per la rivista Satisfiction
È questo il testo del nuovo singolo, da oggi in programmazione su tutte le radio, che Vasco Rossi ha voluto regalare a sorpresa ieri su Facebook, social network che usa sempre più autonomamente rispetto ai consueti canali di comunicazione "controllati".
È un Vasco Rossi finalmente tornato anarchico, indipendente, rock: come lo dovrebbe essere ogni musicista che, lontano dalle note di ogni (s)partito, è riuscito a fare di se stesso non un capolavoro d'arte ma a rendere la propria musica poesia non solo dell'immaginario collettivo ma dell'anima.
Un Vasco Rossi che ritrovo con particolare piacere e con ancor maggiore piacere scrivendo su queste pagine in cui, per i tanti parallelismi che hanno contraddistinto le nostre vite, anche io, «Sono ancora qua».
È un desiderio, non solo quello di Vasco Rossi ma di un'intera generazione, quello della rivalsa: rivalsa da una provincia, Vasco Rossi è nato a Zocca nel 1952, che troppo spesso non dimentica gli "eccessi" di chi vuole emergere, la sofferenza di chi vuole andare via da un ambiente spesso claustrofobico e che sembra inventato per non perdonarti niente.
Per stare fermo nel tempo, pronto soltanto a puntare il dito mentre la Luna prende il volo.
Il nuovo Vasco Rossi, dal 29 marzo uscirà l'album e da quest'estate tornerà negli stadi con i suoi concerti, è una forza della Natura. Non riesce a spiegare il fenomeno, Vasco Rossi. Si cerca di ingabbiarlo e ha già preso il volo; si cerca di definirlo ed è giù uscito dalle righe. I ranghi non sono fatti per Vasco Rossi. Non è la vita spericolata, è la vita. Quella che molti rimuovono ogni giorno impiccandola a nodi regimental, nell'utero materno di una opinione pubblica pronta ad accoglierti con tutti gli onori. Basta che ti uniformi. Basta che non sbagli. Basta che non abbagli. Sono amico di Vasco Rossi, lui mi chiama sempre il suo "fratello minore", mi fa piacere ma gli faccio notare che la parentela è solo "in senso anagrafico". Lui sorride, con la grande ironia che lo contraddistingue, e ci raccontiamo il mondo. Eh, già. Non è così consueta l'amicizia ventennale tra un critico letterario e una rockstar. Un'amicizia iniziata proprio mentre vivevo a Como. Amavo Vasco Rossi perché irrompeva nella tradizione del cantautorato italiano importando il rock: la sua musica suona ancor oggi come un 45 giri messo in un lettore dvd. Il suono è distorto perché, con la semplicità di parole che comunicano ad immagini, riesce davvero a mirare all'orologeria dell'anima. Lui, il profeta della Vita spericolata è oggi l'unico cantautore che regala ribellione e speranza, che invita a non chiudere gli occhi ma nemmeno a chiudersi in un isolamento intellettuale che corre il rischio di diventare "fetale".
La differenza tra Vasco Rossi e i grandi cantautori italiani è in questo: nella reazione. Anche il mio amatissimo De André, poeta dell'intimismo e del cupismo, ha scritto versi (anche se spesso tradotti da Brassens o composti da Massimo Bubola) dove esiste una "pars destruens" ma quasi mai una "pars construens". Vasco Rossi riesce ad andare, in tutte le sue poesie, oltre l'osservazione e la descrizione del dolore, pur immenso di una perdita o del male di vivere, ma trova sempre una soluzione finale, che siano versi o riff di chitarra, che invitano l'ascoltatore a non essere passivo, a reagire ad un mondo che se lo accetti così com'è come minimo non sei normale. E questo è oggettivo. Non scrivo questo per amicizia. Anni fa ho scritto un articolo che lo ritraeva come una "sockstar", un divo in pantofole che sembrava ricordare più che vivere. Ora ritrovo tutta l'energia di un rocker che è, per me, su tutto uno scrittore. In molti l'hanno paragonato a Bukowski, ma niente è più lontano dal vero. Vasco Rossi ha applicato non solo alla musica italiana, ma soprattutto alla comunicazione di tutti i giorni, la lezione di Louis Ferdinand Cèliné, il grande scrittore francese che ha inventato il ritmo della lettura del '900. Insieme ai Futuristi, purtroppo troppo abbarbicati nell'antiaccademismo diventando essi stessi accademia, Célinè attraverso l'argòt (il linguaggio usato dai portuali e dai malavitosi francesi) ha utilizzato un linguaggio diretto, una comunicazione non più solo crudele (alla Antonin Artaud) ma veloce: a flash, ad immagini, pur non perdendo la minima credibilità poetica.
Lo stesso ha fatto, più o meno inconsciamente, Vasco Rossi. Lo conosco da più di vent'anni. Comunicavamo via fax, poi l'amicizia si è evoluta e siamo passati alle mail…Poi ci siamo incontrati, ci siamo conosciuti, abbiamo condiviso gioie e dolori, personali e lavorative, luci e ombre, fino ad inventarci Satisfiction, la prima free press letteraria italiana. Un giornale gratuito ma non scontato che presenta non solo scritti inediti di grandi intellettuali e scrittori internazionali (da Pier Paolo Pasolini a Luois Ferdinand Céliné, da Stephen KIng a Roberto Saviano, da Salvatore Quasimodo a Carlo Emilio Gadda), ma delle recensioni "soddisfati e rimborsati". Oltre 50 critici, tra i maggiori del panorama nazionale e appartenenti alle maggiori e più diverse testate giornalistiche, in ogni numero si impegnano a suggerire romanzi e saggi che, nel caso non dovessero poi piacere al lettore, Satisfiction si impegna a rimborsare. Un'idea rivoluzionaria, che ha scosso tutte le paludi letterarie ed editoriali di quello che io chiamo il mondo del "marketing". Il nostro intento è stato quello, e sempre sarà, di ritrovare una "coscienza critica" tra tante proposte che sommergono le nostre librerie. La scelta di Vasco Rossi nel diventare editore non a tempo perso, è sempre in prima linea a garantirci l'indipendenza, ma a portafoglio perso. Il suo, come ha sottolineato in molte interviste, è un investimento a "fondo perso" tanto da dichiarasi "editore spericolato, soddisfatto e rimborsato".
Non lo so se poi tanto spericolato, perché case editrici, intellettuali, scrittori hanno compreso come, di fronte a tante parole di tanti parolai, Vasco Rossi abbia contribuito in prima persona a permettere che Satisfiction in breve sia diventato un punto di riferimento di qualità per i lettori. E questo mio saluto al ritorno dell'artista non è un grazie al suo mecenatismo, ma il saluto affettuoso di un amico, di un fratello maggiore (ma solo in senso anagrafico!) che mi ha insegnato, anche e soprattutto nei miei momenti più bui, che «l'anima non si vende/ si regala» e che anche se molte volte «Sembrava la fine del mondo / Io sono ancora qua/ Ci vuole abilità / Il freddo quando arriva poi va via/ Il tempo di inventarsi…./ Un'altra diavoleria!!!!».
Gian Paolo Serino
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