Le lacrime di papà Carlo
per il figlio assolto
Valbrona: per Emiliano è stata la prima notte trascorsa in libertà dopo un anno al carcere Bassone: per il padre, condannato invece a 30 anni per l'omicidio dell'artigiano Antonino Correnti, è stato come «togliersi una montagna dallo stomaco».
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Carlo D'Elia, alla lettura della sentenza, è scoppiato in lacrime, combattuto fra la felicità che fosse stata riconosciuta l'innocenza del figlio alla partecipazione attiva al delitto e la consapevolezza di essere stato condannato a una pena pesantissima. I suoi avvocati, Livia Zanetti e Alessandro Borghi, hanno anche riferito le parole con le quali D'Elia ha commentato la sentenza del giudice: «Mi sentivo responsabile di aver coinvolto mio figlio. Avevo un peso enorme, come una montagna sullo stomaco, che non mi lasciava tranquillo».
Carlo D'Elia nei mesi scorsi aveva cercato un contatto anche con il nostro giornale, inviando due lettere indirizzate al direttore, nelle quali sia assumeva tutta la responsabilità materiale del delitto, cercando di scagionare il figlio Emiliano.
«Egregio direttore del giornale La Provincia - aveva scritto - mi permetto di rivolgermi a Lei, forse come ultima spiaggia, in un cammino (il mio), durante il quale gli eventi in rapida successione, hanno segnato la vita in modo molto tragico. Ma, non è proprio per me che le scrivo, bensì per mio figlio Emiliano. Un ragazzo di vent'anni, coinvolto suo malgrado in un omicidio commesso da me in un attimo di alienazione.
Mi rivolgo a lei, signor direttore, per il ruolo che svolge. Potrebbe, non so come aiutare il mio ragazzo. Ho sì un collegio di difesa ottimo, ma lei
mi insegna quanto possa valere un ottimo articolo sul suo giornale nel raggiungimento della verità. Sono consapevole che questo potrebbe farmi raggiungere lo scopo prefissato solo in parte... potrei accettare... anche se sarà solo per l'opinione pubblica, visto che quanto avete sinora scritto, ha fatto effetto solo su di essa. C'è comunque da dire che mentre prima si era alla ricerca della verità e che quanto pubblicato era solo il frutto di vaghe fughe di notizie dal lavoro degli inquirenti, ora si cerca la riabilitazione di un ragazzo (un bravo lavoratore) che in un attimo ha perso la fiducia verso il prossimo. Prima che la perda anche per se stesso e verso di me... suo padre. Signor direttore, lei sicuramente è culturalmente più preparato di me. Una cosa so... Lei sa come impostare la cosa... il vostro è un potere molto potente, ed io... padre... per difesa del mio ragazzo vorrei arrogantemente fruirmene tramite il suo intervento sperando che sia padre anche lei, fiducioso ed ottimista la ringrazio anticipatamente e, con me mia moglie: le invio la cronaca in versi di uno scorcio di vita di un omicida che ha il solo rimpianto di non essere stato fedele al proprio piano... perché mi chiedo?
Il fatto è avvenuto in località Visino il 23 febbraio 2010. Io, l'omicida, D'Elia Carlo, la vittima Correnti Antonino, mio figlio Emiliano l'indagato in concorso di omicidio. Il ragazzo era nel posto sbagliato, nel momento sbagliato solo per colpa mia. Lui ha soltanto cercato di evitare il peggio, dal momento che aveva intuito la mia debolezza (alienazione). La prego signor direttore, aiuti me padre a non perdere venti anni di insegnamenti al proprio figlio... ed aiuti il mio Emy a non dover mai maledire il proprio padre per l'ostinazione dei giudici. Ancora fiducioso la ringrazio vivamente».
Una verità, questa, alla quale il giudice ha poi creduto.
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